Metallica e orchestra sinfonica. Un’operazione compiuta 21 anni fa e che nel settembre 2019 è tornata in vita. Procediamo.

Un po’ di storia: il primo S&M

È il 1999, James Hetfield e soci vengono in contatto con il direttore d’orchestra Michael Kamen (con cui avevano già collaborato per gli arrangiamenti orchestrali di Nothing Else Matters).

Per chi volesse sapere altro riguardo il compianto Kamen (deceduto nel 2003), alcuni film per i quali ha curato la colonna sonora: Highlander, X-Men, Robin Hood – Principe dei Ladri, tutti gli Arma Letale. Non esattamente uno di primo pelo.

Michael Kamen è anche un appassionato di rock, il connubio dunque è stato quasi naturale. L’idea primordiale di unire la musica dei Metallica a un’orchestra è stata di Cliff Burton, ma rimase solo un desiderio.

È stata la lavorazione di Nothing Else Matters a mettere in moto pensieri più concreti. Bisogna attendere, però, il 1999 per vedere sullo stesso palco Metallica e San Francisco Symphony.

Tra miti da sfatare e realtà da raccontare

Distruggiamo subito la poesia: il primo S&M è stato un grande esperimento, ma non pienamente riuscito. Lo disse la critica all’epoca, lo sostenne parte del pubblico al momento dell’uscita, possiamo confermarlo ancora oggi. Su quest’album, tuttavia, è sempre rimasto un alone di “mito”.

Vent’anni dopo, nel settembre del 2019, in occasione sia dell’inaugurazione del Chase Center, sia del ventennale di quel concerto, i Metallica si sono nuovamente trovati con la San Francisco Symphony per S&M2.

Purtroppo Kamen non c’è più; al suo posto, a dirigere l’orchestra ci sono Edwin Outwater and Michael Tilson Thomas. I brani scelti dagli ultimi tre album dei Metallica (St. Anger, Death Magnetic e Hardwired… To Self Destruct) sono stati arrangiati da Bruce Coughlin.

Inserisci il CD, parte The Ecstasy of Gold, classica intro (by Maestro Ennio Morricone) dei Metallica. Brividi. Già con The Call of Ktulu si nota la differenza con l’originale S&M. Gli arrangiamenti sono gli stessi, ma la resa è più granitica, più coesa rispetto al 1999. I motivi possono essere tre:

  • suono più corposo rispetto a 20 anni fa;
  • piccole accortezze che permettono agli arrangiamenti di incastrare meglio la tamarragine del quartetto e la possanza degli elementi orchestrali;
  • Mixaggio diverso.

Potrebbero essere tutte e tre le opzioni. In più, ho parlato di “mixaggio diverso”, non migliore o peggiore. Se S&M del 1999 ha un suono cristallino, che però fa spesso notare lo stacco tra parte elettrica e parte sinfonica, in S&M2 tutto è più roboante. Sì, corposo, sì, ma tratti esageratamente poco pulito.

I puristi direbbero “confusionario”. A me personalmente, però, fa tanto “live sporco”, non così tanto da considerarlo difetto compromettente.

Fatto sta che S&M2 suona grosso, cattivo, incazzato, riesce nell’impresa di rendere godibile l’interminabile The Day That Never Comes (uno degli episodi migliori di Death Magnetic) e accettabile un pezzo inutile come Confusion.

Come già detto, l’opera di fusione tra metal e musica sinfonica risulta più funzionale di 21 anni fa, anche se non è tutto oro quello che luccica.

In alcuni brani l’amalgama tra orchestra e distorsori si perde un po’ divenendo superflua (Moth Into Flame), mentre in The Unforgiven III la poesia dell’arrangiamento sinfonico si perde nella parte finale, dove al posto dell’assolo di chitarra spuntano fuori delle trombe che smorzano mortalmente l’atmosfera.

Apprezzabile, anzi, goduria immane la scelta di inserire la Scythian Suite di Prokofiev e The Iron Foundry di Mosolov, per ribadire che sì, musica classica e musica metal possono convivere insieme (in determinate circostanze), così come magistrale il tributo a Cliff Burton.

Nota storica: James Hethfield di lì a poco intraprenderà un nuovo percorso di recupero dalla dipendenza dall’alcool. Chi ha visto i Metallica nel 2019, dunque anche durante la presentazione al cinema di S&M2, avrà di certo notato lo stato di forma non eccelso di James, così come lo sguardo un po’ spento.

Ciò non toglie che la sua performance sia onesta, così come quella dei suoi compagni di merende (Lars, quanto avrai faticato a sistemare la batteria in Pro Tools? Scherziamo, forse ovviamente).

Seek and Destr… Ah, no.

Abbiamo parlato di dettagli marginali. Uno, tuttavia, potrebbe essere una trave nell’orecchio. Parliamo della scaletta. che non tutti apprezzeranno dall’inizio alla fine, complice la mancanza di alcuni classici (per la parte tamarra penso a Fuel, per la parte nostalgica The Four Horsesmen sarebbe stata epica).

Impossibile accontentare tutti, ci sarà sempre qualcuno che storcerà il naso. Globalmente, però, è indubbio che sia un gran bel sentire: al netto dei suoi difetti, S&M2 è grezzo, feroce, ben orchestrato.

Non creerà quell’alone mitico come nel 1999, ma la maggiore consapevolezza ci dona un esperimento sempre con dei difetti, ma più mirato. Vogliamo sporcizia, e ci hanno dato sporcizia laccata. Bene così.

a cura di
Andrea Mariano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *