GeneriAmo – Un genere, cinque dischi: i cantautori dimenticati

La nostra rubrica sui generi musicali che amiamo oggi parla di cantautori. Ma, attenzione, quelli un po’ dimenticati e da rivalutare

Prima di parlare dei cantautori, ci tengo a fare una premessa per presentare la rubrica GeneriAmo.

Intro

Sono particolarmente contento di dare il via a questa rubrica dove, noi della redazione, ci alterneremo due volte al mese presentandovi il meglio della musica.

Ovviamente il giudizio rimane soggettivo ma la novità sta nel fatto che, per ognuno di noi, questi dischi hanno significato un momento importante della nostra vita. Dischi che ci hanno fatto piangere ed emozionare, che ci portano indietro a ricordi piacevoli o magari anche no.

Il nostro intento è quello di comunicare l’importanza che la musica può avere individualmente, un modo di intenderla non solo come “sottofondo” ma come convogliatrice di vita ed emozioni che ci appartengono.

Ma veniamo a noi

Come ho detto desidero presentarvi cinque dischi di cantautori italiani un po’ borderline ma che continuano ad essere apprezzati e ripresi come fonte d’ispirazione. Cinque dischi che coprono sessant’anni di storia della musica in Italia, cinque artisti a loro modo autentici.

1. Endrigo – Sergio Endrigo
Copertina del disco Endrigo

I simpatici componenti della band Le Endrigo in realtà non hanno niente a che fare con lui. Stiamo parlando di uno dei più grandi cantautori italiani anche se non ha avuto il successo dei colleghi.

L’autore

Sergio Endrigo, insieme a Tenco, Paoli, Bindi, De Andrè, Gaber è stato uno dei primi autori di canzoni. Pensate che una delle sue canzoni più celebri, Io che amo solo te è stata scritta quasi durante i suoi esordi, nel 1963.

Il disco

Quello che però ho scelto è il suo album omonimo, Endrigo del 1966. A mio avviso è l’album dove l’autore comincia a definire la sua libertà espressiva e il suo carattere. Non erano anni facili, ma tra i solchi delle canzoni del disco Endrigo, rompe le regole del bigottismo e della censura onnipresente.

La caratteristica di Endrigo è stata quella di utilizzare la tradizione melodica italiana nei testi e nelle musiche ma introducendo un gusto più personale. Linee musicali semplici ma senza fronzoli e testi presi dalla vita di tutti i giorni. Non solo storie d’amore quindi.

Le canzoni

Nel disco che ho scelto troviamo Mani Bucate, ritratto della disperazione di un uomo solo per aver perso tutto. Tra i solchi anche La donna del Sud, brano scritto da un altro grande cantautore dimenticato come Bruno Lauzi.

La ballata dell’ex

Ma sopratutto La ballata dell’ex è un brano che è lontano dalla retorica dei partigiani. Un perfetto esempio di sintesi in una canzone, un affresco reale di un uomo che ha combattuto “per i boschi con due mitra e tre bombe a mano” con la consapevolezza che “un mondo tutto nuovo sorgerà, per tutti l’uguaglianza e la libertà”.

Nel finale l’amara consapevolezza che “vent’anni son passati e il nemico è sempre là” e “se il tempo è galantuomo io son figlio di nessuno”. Dopo la guerra si ritrova con un pugno di mosche in mano; mentre a lui chiedono chiarimenti sui delitti, rimane solo e inascoltato mentre i suoi compagni “son tutti al ministero o all’aldilà”.

Adesso sì
Adesso che tu vai lontano
Il mio pensiero ti seguirà
Sarò con te dove andrai

Teresa

Teresa è un brano a suo modo coraggioso e anticonformista. Parla di un uomo che accetta la relazione con una donna senza indagare sul suo passato ma accettandola con cuore sincero. “Teresa, non sono nato mica ieri, per te non sono stato il primo nemmeno l’ultimo lo sai” ma “Teresa di te non penso proprio niente.. non devi perdonarti proprio niente, mi basta quello che mi dai”.

Adesso sì

Canzoni d’amore vive e palpabili di sentimenti come Adesso sì, canzone che Endrigo presentò a Sanremo e fu ripresa anni dopo da Lucio Battisti. Anche questa canzone rispecchia l’animo schivo e gentile di Endrigo e narra il sentimento forte che rimane dopo una lunga storia d’amore. Riesce a trasmettere il rimpianto e il rimorso di una storia, le occasioni mancate ma anche la consapevolezza di aver vissuto qualcosa di unico.

Un altro rapporto d’amore invece quello descritto ne Io e la mia chitarra, canzone che descrive del rapporto insostituibile con lo strumento musicale, compagno di gioie e dolori.

E poi…

In seguito Endrigo abbraccerà il mondo dei poeti fra cui Vinicius De Moraes, col quale realizzerà lo stupendo disco La vita, amico, è l’arte dell’incontro. E sarà proprio l’incontro di Endrigo con la musica brasiliana in questo disco che unisce canzoni e poesia in modo semplice e diretto, come nel suo stile.

Riuscirà a vincere Sanremo nel 1968 con Canzone per te. Qualche detrattore dirà che vinse a causa del rimorso del Festival di Sanremo per il presunto suicidio di Luigi Tenco. Di Sergio Endrigo ci rimane il suo stile autentico, la sua capacità di sintesi nella scrittura e la sua visione aperta del mondo. Per questo, secondo molti, rimane sempre molto attuale.

2. Andare camminare lavorare… e altri discorsi – Piero Ciampi
Copertina di Andare camminare lavorare e altri discorsi

Cantautore bizzarro Piero Ciampi, forse il vero maudit della canzone italiana. Talmente fuori dagli schemi da riservarci momenti di liricità unici e struggenti. Nelle sue canzoni c’è tutto il suo fallimento e il compendio di una vita da vagabondo sempre con la bottiglia in mano.

Livornese nel midollo, col suo atteggiamento anarcoide e insoddisfatto, ricco di accese passioni e sentimenti delicati. Piero Ciampi è (stato) tutto questo e questo disco è uno dei suoi lascivi più autentici. La grandezza dei suoi testi si incontra con la composizione di Piero Marchetti, forse l’unico che avrebbe potuto incanalare quelle canzoni irrequiete in stralci melodici che calzano come un vestito di alta sartoria.

Il disco

Andare camminare lavorare è uscito nel 1975 e racchiude estratti dai primi due dischi ufficiali con due inediti. Si parte col brano omonimo, la rivoluzione della società vista da Ciampi, col “vino contro il petrolio, grande vittoria, grandissima vittoria” e “i prepotenti chiusi a chiave” e incastri di scrittura geniali “la Penisola al volante, questa bella penisola è diventata un volante”.

Si cambia registro con L’amore è tutto qui. Una confessione autentica di un uomo disperato che confessa il suo amore alla sua donna ma ammette i suoi limiti. L’impossibilità di dare una vita tranquilla per la sua irrequietezza e l’incapacità di non stare alle regole ma la sua ‘onestà e trasparenza come garanzia dei suoi sentimenti.

Tutte le cose che non hai accanto a me le troverai nel mondo dell’illusione.Tu vai sicura, vai così, perché io sono sempre qui… qui!

Il brano Ha tutte le carte in regola è la descrizione del suo essere artista, della sua scelta di vita “vive male la sua vita ma lo fa con tanto amore”. Il giocatore invece è un equilibrio perfetto fra lo spoken words recitato di Ciampi e le pause musicali di Marchetti che risolvono poi in una composizione densa e drammatica. Sarebbe stato un brano perfetto per una pratica spesso descritta da Bukowski nei suoi romanzi, altro irrequiesto vagabondo che però ha avuto più fortuna.

Il vino è il suo inno al nettare della vita e dell’amore ma anche alla disillusione “vita, vita, vita sera dopo sera, fuggi fra le dita”. Chi, invece, come me ha vissuto un divorzio in tribunale può capire perfettamente una canzone struggente come In un palazzo di giustizia. Due persone che si amavano e che si ritrovano a trattarsi come estranei (“ci guardiamo di sfuggita” e “non sei più quella di prima”), la desolazione e lo sconforto che ne derivano.

Siamo seduti in una stanza
Di un palazzo di giustizia
Tu sei pazza, vuoi spiegare
Una vita con due frasi

In definitiva

Piero Ciampi, e il disco in questione, vanno riscoperti per l’autenticità e il lirismo unico del personaggio. Fuori dagli schemi, Ciampi racchiude la grande tradizione di Brassens e una scrittura che era d’avanguardia fin dai suoi esordi come Piero Litaliano negli anni 60.

Non ha mai avuto (e non lo ha mai cercato) il successo. I soldi che i discografici gli davano lui li beveva tutti. Negli ultimi anni molti artisti lo hanno scelto come fonte d’ispirazione. Gino Paoli, in tempi non sospetti, gli ha dedicato un intero album di cover (lui che raramente ha interpretato brani altrui).

Vorrei citare Bobo Rondelli, altro livornese di razza, forse il più autentico conoscitore dello stile ciampiano a cui ha dedicato spesso molte interpretazioni dei suoi brani. Vogliamo consigliarvi il sapiente lavoro di arrangiamento che Sara Jane Ghiotti ha inciso nel disco Non siamo tutti eroi, una rivisitazione in chiave femminile sempre fedele alla poetica di Ciampi.

3. Vocazione – Enzo Carella
Copertina di Vocazione

Nel mare magum di confusione che regnava in Italia negli anni 70, c’era allo stesso tempo una propensione alla sperimentazione. Erano anni in cui “si osava”. Perfino in Rai, sempre controllata attentamente dalla linea di rigore dei partiti politici, c’erano programmi come Non Stop con comici, soubrette molto succinte e musicisti innovativi. In una puntata di Discoring del 1977 condotto da Gianni Boncompagni, viene presentato un nuovo cantante, capellone e con la cravatta fina fina: si tratta di Enzo Carella. La canzone presentata è Fosse vero ed è tratta dal suo album d’esordio Vocazione.

Il disco

Lo stile dell’album è pop ma c’è una struttura diversa che racchiude spesso generi come il funky e accenni di jazz. Sopratutto nell’album ci sono musicisti come Fabio Pignatelli al basso e Agostino Marangolo, componenti di spicco dei Goblin.

Ai testi abbiamo Lino Panella, autore versatile dallo stile naif, maestro nel descrivere sensazione senza mai nulla di definito e che rimane sempre sospeso. Eppure, in questa apparente veste leggera, c’è un’innovazione che incanterà anni dopo Lucio Battisti che chiamaerà alla sua corte Panella realizzando i cosiddetti album bianchi.

I brani

Il disco parte con Vocazione, il connubio Carella-Panella si presenta già determinato. I testi di Panella sono un modo diverso di vedere la vita. Non sono proclami politici o invettive sono stupendi affreschi, perfetti con la voce di Carella e quelle canzoni pop con richiami di progressive rock che non appesantiscono il brano ma gli rendono autorevolezza.

Guarda l’uccellino, una sorta di racconto panelliano fra pose fotografiche e doppi sensi. Accenni di funky in Ballatetta, il basso di Pignatelli in bella evidenza e la chitarra pulita e accattivante di Carlo Pennisi.

E ancora l’eleganza acustica di Fosse vero e poi il pezzo-capolavoro di Malamore e quel ritornello-killer che rimane fisso in testa. Finale con gli umori latini de La serietà e la visione del Sud pannelliano con Il Sud è un’infanzia sudata in un finale prog supportato dalle tastiere di Maurizio Guerrini.

E poi…

Enzo Carella continuerà a pubblicare altri due album stupendi Barbara e altri Carella e Sfinge. Rimarrà sempre un artista di culto non conoscendo mai la popolarità. Continuerà comunque, instancabilmente, la sua attività di musicista fino al 2017, anno della sua scomparsa. Negli ultimi anni formazioni come Nu Genea, Colapesce e Di Martino, Dente. Anche lui un artista da rivalutare che ha dato nuova linfa alla musica italiana. Le canzoni di Vocazione ascoltate oggi hanno conservato una freschezza e rimangono innovative.

4. Un sabato italiano – Sergio Caputo
Copertina di Un sabato italiano

Ed eccoci arrivati agli anni 80. L’edonismo, i paninari e la Milano da bere. Le hit con le batterie elettroniche, Duran Duran contro Spandau Ballet. In quegli anni però c’era un programma interessante in Rai. Si trattava di Mister Fantasy di Carlo Massarini. Oltre a proporre il meglio della musica presentò durante una puntata questo ragazzo. Decisamente fuori moda e coraggiosa come proposta, visti gli anni. Ma il singolo Sabato Italiano furoreggiò molto nelle radio private di quegli anni.

Coraggioso esordio, dicevamo. Sergio Caputo ha l’estro giusto per il giovane crooner disincantato e malinconico.

Il disco

E in questo disco parte a bomba con Bimba se sapessi. In realtà dietro la canzone si cela una storiella. Perché inizialmente Caputo comincia il brano con citrosodina ganulare, proprio il famoso medicinale.

Sarà la casa farmaceutica stessa a chidere al cantante di aggiungere sul disco l’indicazione “è un medicinale, leggere attentamente le avvertenze e le modalità d’uso”. Esistono rare copie con la frase incriminata e la postilla. Dopo poco tempo Caputo cambia il titolo del brano sostituendo la farse con idrofobina vegetale, sostanza praticamente inventata.

Io e Rino, ritratto di una serata in compagnia del suo amico Riccardo Rinetti. È l’atmosfera che si respira nel disco di compagnie che si attardano alla sera per i locali di Roma. Nel brano spicca il pianoforte di Toto Torquati. L’eleganza di Mettimi giù. Con E le bionde sono tinte invece spicca il sax del maestro Antonio Marangolo. Brano che è un perfetto esempio fra swing di altri tempi e un gusto più attuali con i testi di un ragazzo di quegli anni, pubblicitario di giorno per necessità e musicista di notte per vocazione.

Sabato italiano uno dei brani migliori. Sempre swing ben shakerato col pop e una punta di jazz, come i tanti cocktail amati da Caputo. Ritornello che cattura e stacchi di fiati da vera orchestra. Mercy Bocù e Week-end proseguono su quella scia, intrigante e piacevolmente jazzate. Night invece è cronaca di un tiratardi col fegato in disordine sullo sfondo di un locale. Chiusura meravigliosa con Spicchio di luna dolce e malinconica, un vero e proprio classico di Sergio Caputo.

E poi…

Negli anni successivi prosegue il successo di Caputo per una buona decina di anni. Per godere appieno delle sue canzoni, suonate da una vera orchestra jazz vi consiglio l’album dal vivo Ne approfitto per fare un po’ di musica. Un personaggio che continua a suonare e fare live dopo gli ultimi anni passati negli Usa ad affinare la sua passione per il jazz. Il suo stile si è un po’ appannato, perso fra tentazioni pop e ritorni alle sue vecchie glorie.

5.Semper biot – Edda
Copertina di Semper biot

Ed eccoci giunti agli anni 2000. Gli anni 90 sono stati intensi. Si sono affermate band italiane in un decennio di grande ispirazione. Afterhours, Marlene Kuntz, Subsonica, Bluvertigo.

Chi frequentava i live di quegli anni ricorderà concerti intensi e partecipati, sudati e vissuti fino alla fine. Un’altra grande band sono stati i Ritmo Tribale il cui cantante era Stefano Edda Rampoldi.

Poi, passato il decennio, quei sacri fuochi si sono attenuati. Edda è finito nel tunnel dell’eroina e dopo la disintossicazione trova un lavoro di ripiego come muratore. Sembra intenzionato ad abbandonare la musica. Ma si lascia convincere dal musicista Andrea Rabuffetti e il compositore Walter Somà. Mette insieme una manciata di canzoni e il risultato è Semper Biot, album di debutto di Edda.

Il disco

Scarno, voce in presa diretta, senza fronzoli. Crudo nei testi, densi di passione e disperazione. E l’inizio del disco è spiazzante. Io e te è stata scritta con Isabella Santacroce, scrittrice e poetessa situata nel lato oscuro della Riviera Romagnola, figlia di Tondelli. Chitarra e voce diretta, un piano minimale e il violino di Mauro Pagani che entra implacabile e lascia attoniti.

La sua Milano vista da un ex tossico che “fa dei ponteggi e non gli piacciono le leggi”. La dolcezza sinistra di Scamarcio, accenni di synth che sottoliniano fiamme che covano nella cenere. Amare te racconta il rapporto controverso con Dio, i dubbi e le domande irrisolte. Usa talvolta il dialetto milanese come segno di appartenenza a una cultura amata e odiata.

Voglio morire felice di morire
Voglio ammalarmi per non soffrire
Voglio vedere come vado a finire
Voglio impazzire per non guarire
Dove vanno a finire i desideri miei

Yogini è forse la canzone più autobiografica. Edda centra il punto, concentra nella canzone il suo stile. Allegorie e frasi taglienti spesso urlati. Edda ha trovato un modo per raccontarsi, portandoci nel suo mondo turbolento fatto di carne e sangue. Ogni canzone riporta frammenti di vita, sospesi come immagini. Perdersi nel suo mondo è una avventuta tutta vivere.

E poi…

Edda ha saggiamente deciso di continuare e approfondire la sua attività. Se ascoltate l’album Fru fru scoprirete un Edda più “leggero”, da dancefloor alternativo, con una band di supporto e una musicalità più ricca. Ma attenzione Edda non riesce proprio a essere banale. A settembre uscirà il suo nuovo album Illusion anticipato dal singolo Lia. La produzione sarà curata da Gianni Maroccolo con cui ha collaborato all’album Noio volevam suonar.

Ascolta la playlist Spotify di GeneriAmo

Cinque album, cinque artisti da riscoprire, cinque mondi diversi che possono arricchire i vostri ascolti musicali. Ma cinque modi di scrivere canzoni che rimangono impressi nella memoria come pochi riescono a fare. Non mi resta che augurarvi buon ascolto e arrivederci alle prossime proposte musicali.

a cura di
Beppe Ardito

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