KK’s Priest, “Sermons Of The Sinner”. Quando tuo zio ha (troppa) nostalgia

KK's priest

K. K. Downing dà vita al suo personalissimo Giuda sacerdote e coi KK’s Priest rimarca due cose: che lui era una parte dell’anima dei Judas Priest e che non se ne fa ancora una ragione.

Dovevano dire addio alle scene nel 2010. Poi ci hanno ripensato e questo, a K. K., non è andato giù. “Io me ne vado lo stesso, arrangiatevi”. Così i Judas Priest si sono arrangiati, hanno preso Richie Faulkner e hanno prodotto un paio di album di heavy metal classico di buona fattura. In tutto questo KK, tra il mangiarsi le mani, incolparli un po’ di tutto e cercare di ricucire i rapporti, ci ha messo un po’ di tempo, ma ha fondato finalmente un’altra band. I suoi Priest, i KK’s Priest. Che è un po’ come quando Luca Turilli andò via dai Rhapsody e fondò i Luca Turilli’s Rhapsody (ma con molto meno astio tra le parti).

KK's Priest cover
“Sermons Of The Sinner”, predichi bene e razzoli così così

K. K. Downing era una parte dell’anima dei Judas Priest, è innegabile. Per questo, per il suo nuovo progetto musicale ha chiamato alla voce l’ex Tim “Ripper” Owens, uno dei cantanti che ha subito una delle peggiori shitstorm nella storia, a tratti più violenta di quella contro il buon Blaze Bayley. Siamo nel 2021, i KK’s Priest pubblicano “Sermons Of The Sinner”, ed è un po’ come tornare a casa, nel bene e nel male.

I riff di KK hanno fatto la storia, il suo stile è riconoscibilissimo. Fin troppo, nel senso che, nonostante sia attorniato da musicisti di buon calibro, il rimando ai Judas è sempre presente. Ovvio, dopo 35 anni passati a suonare con loro il tuo stile si cementifica, ma dopo 10 anni di separazione qualcosa di vagamente “nuovo” (per i suoi canoni) avrebbe potuto tirarlo fuori.

“Ti ho raccontato di quando…” “Sì zio K.K.. Già 16 volte” “Allora facciamo 17”

“Sermons Of The Sinner” è il racconto di uno zio cui ogni tanto concedi una visita per bontà di cuore. Quello zio che poi ti attacca il pippone di quanto i suoi tempi fossero meravigliosi, di come fosse tutto fantastico. I riff dei KK’s Priest sono quei racconti intrisi di bellezza sbiadita, ingiallita, che ascolti con piacere ma che sai di aver interiorizzato già secoli fa. Vivi quindi quella amarognola sensazione di familiarità stantia.

Lo zio che ti racconta sempre la stessa storia, modificando di tanto in tanto qualche dettaglio. Ecco quindi che la title track è 100% un ottimo demo dei Judas Priest classici, dove giochi d’astuzia e le stesse, solite carte. In altri casi si va sul classico “inno da live” (“Raise Your Fists”), altre volte si sfocia in brani d’allegra brigata metallica (“Brothers Of The Road”).

Chiariamoci, non c’è nulla di davvero orribile in “Sermons Of The Sinner”: i KK’s Priest si lasciano ascoltare, il collo mantiene la testa che ondeggia in automatico. È un bell’Heavy Metal di stampo classico. Talmente classico che si perde tra le tante altre proposte.

K. K., my sweety uncle, puoi fare molto di più. Hai fatto la storia del Metal, non devi dimostrare nulla a nessuno. Divertiti e basta.

a cura di
Andrea Mariano

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