Little Pony e la magia della musica in “Voodoo we do”

“Voodoo we do”, il nuovo album della band Little Pony, fuori per Soundinside Records fuori il 18 febbraio.

“Voodoo We Do” è un rito magico che mette insieme più generi e visioni del mondo. Questo è il grande contenitore che mette insieme la musica dei Little Pony, noi l’abbiamo ascoltato e non potevamo non intervistarli!

Ciao ragazzi benvenuti su Distorsioni Sonore, partiamo con una domanda legata unal vostro nome cioè Little Pony: per il genere che fate che è un misto di punk, rock ma anche psichedelia e funk ci viene da chiedere come nasce l’idea del vostro nome!

Una delle prime canzoni che abbiamo scritto parla di un cavallino che un bel giorno, stanco della vita comoda ma addomesticata, nel recinto assieme agli altri cavalli, decide di saltare la staccionata ed andare per la sua strada, verso la libertà. Da questa metafora sull’importanza di seguire le proprie attitudini, saltando ognuno la propria personale staccionata nasce il nome della band, Little Pony.

Il 18 Febbraio pubblicate il vostro nuovo album “Voodoo we do”: vi va di raccontarcelo?

Voodoo We Do è un disco nato in tour, idee concepite durante i viaggi, alle volte provate nei sound check, che poi abbiamo lentamente affinato in studio e che hanno trovato una loro forma sul disco. Forma non definitiva, poiché molti brani, se non tutti, hanno un’altra faccia suonati nei live. Il senso di questo Voodoo è il voler evocare il senso magico del gioco, quello ad esempio dei bambini, istintivo e divertente ma serissimo al contempo, che permette loro di trovare soluzioni semplici e geniali a problemi spesso anche complessi. Contrapposto ad un sistema fatto sempre più di sintesi e poco contatto reale, il nostro intento è liberarci tutti, lasciandoci trasportare dalla corrente di una magia bianca.

La vostra band nasce tra l’Italia e gli Stati Uniti: come vi siete conosciuti e come due posti come Napoli e New York influenzano la vostra produzione artistica?

Ci siamo conosciuti a Napoli, fonte di ispirazione per la sua imprevedibilità ma non ci identifichiamo prettamente nelle sue tipiche sonorità, per quanto comunque i 3/4 di noi siano nati nel capoluogo partenopeo e solo Ryan sia di Minneapolis. Il nostro sound ha molto del NY Style, un approccio che va oltre la lingua dei nostri testi. C’è tanto Rap, Hip Hop, Funk, Punk, Psichedelia, tutti generi che hanno trovato in America la loro nascita e che noi abbiamo mescolato in quello che è il nostro sound. Napoli c’è, ma è magari nel nostro saperci adattare bene e col sorriso ad ogni situazione ci si ponga avanti nella vita.

C’è almeno un artista italiano o americano a cui vi ispirate per la vostra musica?

La sfilza di nomi sarebbe troppo lunga da citare. Di sicuro ci hanno spesso associato, con nostro piacere, a nomi quali Beck, Beasty Boys, Gorillaz, Sleaford Mods, Viagra Boys, ma anche agli italiani C’mon Tigre.

Il vostro nuovo album viene dato alla luce dopo vari anni rispetto all’ultimo: in che modo vi sentite cambiati rispetto al 2014?

Del 2014 è il primo disco, We All Fall Down, nel 2017 è uscito il secondo, Milky White Way, ma entrambi, per quanto il secondo sia più evoluto, suonano molto simili. Dal 2017 ad oggi, con Voodoo We Do, siamo effettivamente cambiati. Con l’ingresso di Valerio alla batteria, synth ed elettronica prima, poi di Pier all’ organo e altri synth, la band è cambiata totalmente rispetto agli inizi. Il sound ha acquistato un sapore più elettronico, meno jazzy, più funk, dance. Abbiamo iniziato a sperimentare molto di più, dando sfogo alle tante influenze che abbiamo come singoli musicisti, ma convergendo in un sound di insieme.

Dove possiamo ascoltarvi in giro non appena sarà possibile?

Il disco uscirà il 18 febbraio, ma causa pandemia ancora in atto con tutte le restrizioni annesse, inizieremo a muoverci da questa primavera con una presentazione live a Napoli nel mese di Maggio.

a cura di
Redazione

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