Midas: anatomia del capolavoro dei Wunderhorse

Midas è il secondo disco dei Wunderhorse uscito nell’agosto del 2024. Un disco che arriva in faccia, grezzo e disperato ma con un cuore tenero. E vi assicuriamo che è un gran bel sentire!

Non avrebbe mai immaginato Jacob Slater di ritrovarsi con una band. Wunderhorse in effetti era un progetto nato in solitaria dopo che la pandemia ha mandato all’aria la sua punk band Dead Pretties. Riunito il combo ha dato vita a un ottimo album d’esordio (Cub-2022) e sono partiti allegramente in tour in apertura a formazioni come Fontaines D.C., Foals e Sam Fender.

Nel corso del colossale tour Slater e i suoi compagni di band (il chitarrista Harry Fowler, il batterista Jamie Staples e il bassista Peter Woodin) diventarono gradualmente e naturalmente una band completamente formata, lasciandosi alle spalle l’era solista dei Wunderhorse. I mesi successivi hanno visto il quartetto passare dal suonare in scantinati e pub al riempire la tenda Woodsies di Glastonbury e al sold-out dell’O2 Forum di Kentish Town con mesi di anticipo.

La nascita di Midas

Mentre vi scriviamo Midas campeggia al sesto posto della UK Charts e la band si appresta ad un tour che tocca Europa e USA, con date quasi tutte sold out. Tutta la stampa musicale tesse le lodi dell’album che si accinge a diventare uno degli album rock UK più richiesti del momento. Ma, hype a parte, cerchiamo di capire la potenza di questo disco e la sua particolarità.

Registrato al Pachyderm Studio del Minnesota (luogo di nascita di “In Utero” dei Nirvana e “Rid Of Me” di PJ Harvey) con il produttore Craig Silvey (The Rolling Stones, The National, Florence + the Machine). “Midas” adotta un processo di registrazione non rifinito che cattura l’atmosfera viscerale delle elogiate esibizioni dal vivo dei Wunderhorse.

Il disco

Diciamo subito per chi non li conosca, che i Wunderhorse hanno un sound diverso rispetto alle formazioni alt/post-punk disperse fra Inghilterra e Irlanda. Il loro sound ricorda più il periodo anni 90 americano, gli anni del grunge. E quindi accordi aperti, batteria sontuosa e melodie incastonate in strutture dirette e senza fronzoli.

E’ con questa attitudine che si apre Midas col brano omonimo. Chitarra in apertura e lo spoken words di Slater in apertura. Un brano composto da soli quattro accordi, e no, non sono degli imitatori di Ligabue, ma rispondono alla legge categorica del rock’n’roll. Pochi accordi, brano breve e diretto e tanta cazzimma inside. Il testo ci proietta in una situazione lavorativa comune per dipendenti sfruttati, sottopagati fratelli filgi unici. La descrizione del testo calza perfettamente col Dottor Ing. Gran Mascalzon di Gran Croc. Visconte Cobram di fantozziana memoria.

Se Rain prosegue con la stessa cazzimma, Emily suona come un’outtake dei Nirvana o Alice in Chains. Silver ha un ritornello che ti rimane stampato in testa per giorni. E ci vuole della bravura per tirare fuori una gran canzone con soli due accordi (e Ligabue rosica ancora).

Yeah, I was crooked from the cradle
I’m a bastard from the start
And I kept some pretty people
In the hollow of my heart
– Silver

Arizona viaggia su coordinate americane non solo per il titolo persino nell’assolo intenso. Se vogliamo suona molto stile Soul Asylum. Vedo già l’occhio lucido di qualche boomer. Deve forse molto i primi Coldplay il brano Superman con quell’incidere epico fino al finale. Vi vedo già, invece, nel brano July, al minuto 1.04 scuotere la testa in modalità headbanging. Il larsen finale della chitarra testimonia la finalità dell’album Midas di suonare diretto come un concerto live, grezzo e spontaneo.

Cathedrals invece rimanda a un’altra grande band anni 90 come i Bush, anche loro inglesi con un consenso guadagnatosi in America. E anche loro brani diretti, pronti per far saltare il pubblico sotto il palco. Girl profuma di prime passeggiate con la moto che tiri fuori dal garage dopo un lungo inverno. Più o meno sulle stesse coordinate il brano finale Aeroplane, ballad paracula americana si, ma i ragazzi ci sanno fare.

Conclusione

In definitiva i Wunderhorse riabilitano il sound anni 90 e lo attualizzano. Un equilibrio perfetto fra mainstream e urgenza alternative-rock. Ballate e brani intesi che fanno parte del loro calderone. Se non è ancora consolidato il loro stile, Midas ha tutte le carte per portare i Wunderhorse lontano. Se volete godere appieno della loro musica e del sorprendente impatto live li trovate il 4 novembre in apertura ai Fountaines DC. (sempre se riuscite a trovare il biglietto per un sold out annunciato da mesi).

a cura di
Beppe Ardito

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