“Motorheart”: il settimo album dei The Darkness è come sempre un bagno di glam rock

A distanza di due anni dall’ultimo lavoro, i The Darkness tornano con “Motorheart” e lo fanno sporcando completamente i brani con contaminazioni e riferimenti musicali molto espliciti.

Tra la ragazza robot e i falli metallici rappresentati sulla copertina del disco si nasconde qualcosa di più, una vera e propria immersione nel genere supremo: il rock. Possiamo gridare “amen”?

È da qualche mese ormai che accendendo la televisione su un noto canale di musica mi imbatto spesso nello strano videoclip di “Motorheart”, singolo che dà il titolo al nuovo album dei The Darkness, nel quale troviamo il cantante intento a fare cosa? Sesso con un’aspirapolvere? Non si capisce bene.

Conosco il gruppo da molti anni e non mi sono mai soffermata più di tanto a capire di cosa si trattasse, ho sempre pensato “ma sì, sarà solo l’ennesimo videoclip di una canzone che conosco già”, e il punto sta proprio qui. Il nuovo album (ma anche i tre singoli lanciati tempo prima) esce in maniera silenziosa, senza dare nell’occhio.

“Motorheart” videoclip ufficiale

Da quando esiste, la band britannica capitanata da Justin Hawkins non ha mai nascosto il suo obiettivo, ovvero mantenere in vita il rock ‘n’ roll. E i The Darkness sono sempre stati coerenti con loro stessi, sempre dediti a portare avanti la loro missione senza mai cadere nella trappola che oggi colpisce molti musicisti: il cambio di genere, il mainstream, il volersi conformare alla massa solo per rendersi apprezzabili dal pubblico generalista.

I The Darkness sono fatti prevalentemente di luccicanti brillantini e di sex appeal, sono irriverenti, divertenti e i loro video musicali sono comici e volutamente stupidi. Possono piacere oppure no, ma rimane il fatto che sono gli unici, insieme ai The Struts, ad aver mantenuto in vita il glam rock ai nostri giorni.

Rimanere fedeli al proprio obiettivo e non andare mai fuori tema è positivo per una band del genere, ma quando si realizza un nuovo album e nessuno se ne accorge, forse c’è un problema.

“Motorheart” copertina
Il disco

Quando nel 2019 uscì “Easter Is Cancelled”, nessuno poteva immaginare che qualche mese dopo la Pasqua sarebbe stata cancellata veramente. Ironia della sorte.
Due anni dopo il gruppo britannico rilascia un album molto più leggero, tornando a fare il rock divertente a cui ci aveva abituati con “Permission to Land”, e lo fa piazzandoci delle chiarissime influenze provenienti dal rock anni ’70 e ’80, ma non solo.

Il risultato è un album che spazia dal metal al glam, che sa molto di Guns N’ Roses, di Queen e di Van Halen. E questo non è un caso, dato che lo stesso Hawkins ha dichiarato di rifarsi a queste e ad altre band. Con la prima traccia, “Welcome Tae Glasgae”, risuonano le cornamuse scozzesi usate anche dagli AC/DC, mentre in “Jussy’s Girl”, uscita come singolo, sono presenti riconoscibilissimi riff di chitarra alla Def Leppard o alla Foreigner.

the darkness 2021
The Darkness

Anche “Speed of the Nite Time” sorprende per le sonorità estremamente anni ’80, rifacendosi molto ai due gruppi appena citati. Forse uno dei pezzi “lenti” migliori insieme a “So Long”.

“It’s Love Jim” invece è un classico pezzo alla The Darkness, esattamente come “Eastbound”.

A sorreggere l’intero album sono però “It’s a Love Thang (You Wouldn’t Understand)”, “Nobody Can See Me Cry” e “The Power and the Glory of Love”, brani che da un lato restano fedeli alle loro canzoni più vecchie, ma allo stesso tempo trasmettono freschezza e novità.

Forse la parte più debole del disco è proprio “Motorheart”, che dà anche il titolo all’album. Uscito come singolo l’estate scorsa, il brano più metal di tutto il progetto si accompagna ad un video musicale abbastanza demenziale, in pieno stile The Darkness, ma non convince del tutto. Non è esattamente quello che ci si aspetta di sentire dal gruppo ed è quasi fastidioso.

Album completo

Secondo Justin Hawkins questo è il loro album migliore, ma la dichiarazione è piuttosto azzardata.
Il disco scorre bene ed è piacevole, ma non è niente di memorabile.

Un lavoro che conferma solo ciò che già sapevamo della band, che ci sanno fare, che sono sempre loro, questo è certo. Inoltre, la voce di Hawkins è una garanzia. Ma produrre un lavoro simile a distanza di soli due anni non aggiunge né toglie niente alla band: se non fosse mai uscito non avrebbe fatto alcuna differenza, ma forse ci rassicura un po’, sappiamo che i The Darkness ci sono ancora, e che la loro missione di salvare il rock ‘n’ roll è sempre in atto.

a cura di
Valentina Dragone

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