Never Let Me Go: il ritorno dei Placebo

“Never Let Me Go” è il nuovo nonché ottavo album dei Placebo, uscito il 25 marzo per l’etichetta indipendente So Recordings.

Il gruppo musicale britannico è attualmente composto da Brian Molko (voce, chitarra, basso, tastiera, sintetizzatore, armonica) e Stefan Olsdal (basso, chitarra, tastiera, pianoforte, cori), cofondatori e costanti membri del gruppo, dal 1994 ad oggi. Sono difficili da catalogare in un genere; potremmo inserirli nelle etichette di britpop, rock elettronico e alternativo, ma la loro vera costante, che riscontriamo anche in quest’ultimo disco, è la capacità di sperimentare e mescolare vari generi tra loro, facendone uscire il loro personalissimo e riconoscibile suono.

L’album – Never Let Me Go

La pubblicazione di Never Let Me Go è stata preceduta dall’EP contenente quattro singoli, già altamente promettenti: Happy Birthday in The Sky, Try Better Next Time, Surrounded By Spies e Beautiful James. L’uscita di un nuovo album era stata annunciata ancora nel 2019, ma la sua realizzazione è poi stata fortemente ritardata dall’esplosione della pandemia. Sono passati nove anni dalla pubblicazione dell’album precedente, Loud Like Love, e dall’EP, Life’s What You Make It (entrambi del 2013), e sei dalla raccolta A Place For Us To Dream (2016), realizzata in occasione dei 20 anni dall’uscita del loro primo disco. 

I due artisti spiegano come il lavoro creativo di Never Let Me Go si sia svolto a processo inverso, ovvero partendo dalla scelta del titolo a cui è poi seguita la stesura del testo e della traccia. Già nel 2017, parlando di un possibile nuovo album, il cantante Brian disse che avrebbe voluto scrivere qualcosa che riflettesse il dolore, la sofferenza e la frustrazione che l’essere umano può provare ogni giorno. Dichiarò, inoltre, che stava provando a buttarsi in nuovi generi.

L’esperimento sembra riuscito: il gruppo rimane fedele al suo stile, pur senza essere scontato, anzi, introduce interessanti novità: in The Prodigal inseriscono suoni orchestrali che segnano l’apertura del brano e che poi si mischiano alla batteria, alle chitarre, al basso, alle tastiere; anche la voce di Brian, dal tipico e riconoscibile timbro nasale, si mischia a dei cori più leggeri ed eterei, i quali fanno da controcanto a ciò che racconta il cantante. Sad With Reggae, invece, è un brano che potrebbe essere definito elettrofunk, che però non abbandona l’uso delle chitarre distorte.  

I temi

In generale, i temi trattati, così come i suoni che li accompagnano, sono ansiogeni; nel complesso, come da intenzione iniziale, Never Let Me Go descrive la sofferenza interiore e umana, il dolore, spesso sperimentati e vissuti in prima persona dai due artisti.

Vediamone alcuni:  

Forever Chemicals e la dipendenza da droghe: “the memory drugs make memory snow. I think but I forget […] The memory drugs are a discipline, so I can know and keep my place”. Brian ci racconta gli effetti delle droghe di cui lui stesso è stato vittima per molti anni, nel tentativo di far fronte al suo disturbo depressivo: nonostante rendano la sua memoria una nebbia confusa, sono ciò che lo disciplina e ciò che gli ricorda qual è il suo posto. Forse anche in Happy Birthday In The Sky con “I want my medicine” si riferisce all’uso di droghe per far fronte alla scomparsa di qualcuno. 

Surrounded By Spies e la costante, vana ricerca di significato: “this search for meaning is killing me”. È un’immersione crescente – e riuscita – in una mente paranoica, che non sa trovare pace; la mente di chi si sente circondato dal pericolo e non riesce a intravedere alcun lato positivo né alcuna faccia amica; la visione di un mondo in cui sembra tutto stia cadendo e morendo, in cui non c’è via di scampo al dolore umano e alla solitudine. “Where are you now when I need you the most?” 

Twin demons e la presenza di demoni interiori: “my monkey mind is broken, smothered by a python, possessed by demons. Think I’ll soak my skin and soul ‘til I can’t feel at all”. Possiamo considerarci soli anche quando siamo in compagnia? E quando a farci compagnia sono proprio i nostri demoni? O la solitudine è proprio conseguenza della loro presenza in noi? In fondo, forse è proprio per zittire la loro voce se a volte sentiamo il desiderio di annullamento, fino a non sentire più nulla. 

Went Missing e l’isolamento protettivo: “I got urges I don’t understand, so I went missing for a living”. Così accade anche in Hugz: “a hug is just another way of hiding your face […] don’t wanna see myself, just wanna conceal myself”. Scappare per proteggersi, andarsene per vivere; nascondersi per paura di guardarsi in faccia a vicenda; magari a volte, quando scappiamo dagli altri, lo facciamo più per nasconderci da noi stessi: per evitare che gli altri, guardandoci negli occhi, riconoscano in noi ciò che noi per primi non vogliamo ammettere. 

Insomma, abbiamo aspettato a lungo che questo gruppo tornasse a raccontarci qualcosa di nuovo; con Never Let Me Go non si smentiscono.

A cura di
Gaia Barbiero

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