“Per qualche giorno”: l’ultimo singolo di Gionata

Gionata ci racconta del suo percorso di crescita come artista e del significato del singolo “Per qualche giorno”

Gionata è un musicista toscano. Il suo animo introspettivo e malinconico lo porta a scrivere musica che arriva dritta al cuore degli ascoltatori. Nel 2019, esce “L’America”, il suo album d’esordio dall’atmosfera nostalgica, molto vicino al cantautorato tradizionale.

Con il suo ultimo singolo “Per qualche giorno”, l’artista prende una nuova direzione spingendosi verso sonorità lo-fi, alla ricerca di un sound con cui esprimersi al meglio. La canzone ci ricorda che, a volte, va bene essere tristi e che anche in questi momenti è possibile trovare conforto.

Noi di Distorsioni Sonore lo abbiamo intervistato per voi!
Ciao, Gionata. Benvenuto su Distorsioni Sonore. Innanzitutto, ti va di raccontare ai nostri lettori qualcosa di te? Come è nata la tua passione per la musica? E la decisione di trasformarla in una carriera?

Ciao ! È passato tanto tempo da quando ho iniziato a suonare, vidi una chitarra a casa di un mio amico durante le scuole medie e ne fui attratto, sensazione che tuttora provo quando guardo uno strumento musicale. Creare è indispensabile per me, mi aiuta a parlare, ad esprimermi, a dare sfogo alla mia creatività e penso che per le persone introverse sia uno strumento utilissimo perché aiuta a dar voce in un mondo in cui tutti “urlano”, sensazione che ho provato sin dalle elementari, quando la maggior parte dei bambini parlavano di calcio e io restavo sempre fuori dal giro perché non mi interessava e preferivo rimanere con i “nerd sfigati” a disegnare o a giocare. L’idea di lavorarci ovviamente è venuta da sé, come a chi piace cucinare sceglie di fare lo chef.

Raccontaci qualcosa del tuo processo creativo. Come nascono le tue canzoni? Viene prima il testo o la musica?

Lavoro in parallelo, a volte annoto alcune frasi, altre volte registro dei giri di accordi, poi unisco le parti, curando i dettagli. Ho capito, col tempo, che le cose migliori vengono fuori quando non penso di scrivere qualcosa, ma semplicemente suono per divertimento; l’abilità sta nel cogliere una melodia o un’armonia che hai sognato, che canti da giorni o che semplicemente hai in testa e capire che può essere sviluppata. Capisco quando qualcosa ha del potenziale perché nella mia testa riesco a immaginarmi già tutti gli strumenti, il mood del pezzo e capisco se posso lavorarci o meno.

Il tuo primo album “L’America” è uscito nel 2019. Senti di essere cresciuto da allora, sia come artista, che come persona?

Moltissimo (e sarebbe molto male se non lo fossi), alcune canzoni del mio primo disco non le apprezzo nemmeno più e non penso di rifarle live. Mi piacciono brani come Oceano, L’America e Ci Toccherà Ballare, ma i nuovi brani che ho scritto sono più completi, più maturi, con più contenuto e una maturazione soprattutto umana. A livello musicale ho scelto di intraprendere un percorso più coraggioso, ovvero quello del lo-fi e del diy, esplorando sonorità che nel primo disco erano solo accennate (la chitarra di Male che vada, ad esempio, l’avevo registrata con il microfono del mio smartphone e anche allora mi era piaciuto sfruttare strumenti appartenenti alla quotidianità per la fase di registrazione). Per Qualche Giorno è stato il brano con cui ho capito che stavo andando nella giusta direzione per ciò che volevo esprimere.

“Per qualche giorno” è il tuo ultimo singolo. Quale messaggio vorresti trasmettere con questa canzone?

È un modo per dire “è tutto ok anche se non è tutto ok, va bene essere tristi, va bene crescere”. È anche un conforto, una visione che apprezza la decadenza delle cose.

Per finire: Immagina che “Per qualche giorno” fosse la colonna sonora di un film. Quale sarebbe la trama?

Bella questa domanda, provo a buttar giù la prima cosa che mi viene in mente. Il protagonista è un anziano pescatore, che una volta faceva parte dell’FBI. Adesso vive da solo, parla con le poche persone del piccolo paese in cui risiede. Conosce molti segreti ma ai suoi compaesani non interessa la politica, quindi li racconta ai pesci. Ogni volta che pesca un pesce lo guarda, gli racconta una storia, e poi lo rigetta in acqua. Un giorno un pesce gli risponde e il pescatore, credendo di essere impazzito, interrompe la sua attività di pesca. Ovviamente i giorni passano e la curiosità dell’uomo lo porta a tornare alla ricerca del pesce, che lo invita ad esplorare il luogo dove vive, una Atlantide ricca di curiosità bizzarre e particolari. Qui scopre che è una sorta di divinità e i pesci narrano alla loro progenie le storie che il pescatore ha raccontato. L’FBI scopre di questa cosa e vuole impossessarsi della Atlantide ma il pescatore organizza una resistenza che porterà i pesci di tutto il mondo a coalizzarsi per combattere l’avidità dell’essere umano.

Insomma, qualcosa con i pesci e con una persona solitaria che ha molto da dire ma che nessuno ascolta ad eccezione di animali o creature strane.

a cura di
Valentina Bertelli

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