Rumatera: “Camponogara” è nata in sogno

“Camponogara” è la nuova ballad introspettiva dei Rumatera. Fuori il 21 gennaio, la band veneta decide di omaggiare ancora di più la propria terra, non solo dedicandole una canzone, anche diversa dalle altre prevalentemente punk rock, ma anche scegliendo come lingua quella del dialetto: la lingua del cuore e dell’anima. I Rumatera sono su Distorsioni Sonore per raccontarci qualcosa in più sul loro nuovo brano che precede il nuovo album in arrivo!

Ciao ragazzi, benvenuti su Distorsioni Sonore, il 21 gennaio con “Camponogara” portare una ventata di punk rock in dialetto veneto, vi va di raccontarci qualcosa in più?

Ciao, grazie ragassi! È un piacere essere qui con voi. Camponogara, a dire la verità, non è propriamente una canzone Punk Rock è più una Ballad introspettiva, che è un po’ una cosa diversa dalle canzoni che facciamo di solito, anche se esiste qualche precedente come per esempio “xò pa a Moinea” e “ombre de notte”. Le canzoni che scriviamo di solito sono più canzoni per far festa in compagnia, queste invece conciliano momenti da ritagliare per sé stessi e stare un po’ in solitudine.

Quante volte vi è capitato di ispirarvi a situazioni di vita vissuta proprio come è successo con il vostro ultimo singolo?

Praticamente tutte le nostre canzoni nascono da esperienze che abbiamo vissuto in prima persona o da cose che ci sono tate raccontate da amici, o da modi di dire e “tormentoni” che vengono fuori in compagnia. In “Camponogara” il ritornello della canzone è uscito in sogno, mentre il testo delle strofe è uscito in maniera automatica in sessioni di scrittura individuale in un clima molto introspettivo. È una di quelle canzoni che la scrivi e capisci dopo averla scritta di cosa parla veramente.

C’è una motivazione particolare per cui avete scelto di cantare in dialetto veneto?

Il dialetto è quella lingua che parli quando sei con gli amici, con chi hai un rapporto formale, tipo coi professori o il datore di lavoro o il prete, invece parli in italiano. Quindi è una lingua che instaura subito un clima di confidenza. In più il dialetto è anche la lingua che esce spontaneamente quando sei incazzato; quindi, è legata molto all’espressione sincera delle emozioni. Diciamo che non abbiamo scelto il dialetto ma è lui che ha scelto noi.

Qual è il messaggio che cercate di veicolare con il vostro progetto, che sicuramente si pone a favore delle tradizioni e di tutto ciò che non è mainstream?

Il mainstream ci ha sempre dato l’idea di qualcosa di finto di costruito, di tiepido, che deve piacere un po’ a tutti. Noi siamo nati e cresciuti in provincia, in campagna, dove le persone tendono ad essere schiette. Questo è quello che ci piace portare avanti un messaggio di semplicità di genuinità fuori dal poserismo e dall’omologazione generale. Non siamo dei paladini difensori delle tradizioni a tutti i costi, ci incuriosiscono molto sia le nostre che quelle degli altri posti, perché dicono molto del posto in cui ti trovi e della gente che lo abita.

Sappiamo che il periodo non è dei migliori, ma avete già fissato qualche data per un prossimo concerto in cui potervi venire ad ascoltare?

Ci sono dei concerti in programma per la stagione primavera/estate ma purtroppo le date non sono ancora confermate al 100% quindi non possiamo ancora annunciarle.

a cura di
Ilaria Rapa

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