Gli Slipknot compiono un salto di qualità attraverso il settimo album, ampliando il loro arsenale musicale e dimostrando di essere ancora al top

Sono passati quasi tre anni per gli Slipknot dalla pubblicazione loro ultimo album “We are not your kind”. Senza contare la “piccola” questione della pandemia globale, la band americana ha dovuto fare i conti niente meno che con la partenza di Chris Fehn, l’arrivo del percussionista Michael Pfaff e last but not the least la morte dell’ex batterista e fondatore Joey Jordison, un evento che ha scosso la band e tutti gli appassionati di musica a livello mondiale.

Considerato il fatto che abbiamo dovuto aspettare cinque anni perchè potessero dare alla luce l’ultimo album nel 2019, è alquanto sorprendente vederli sfornare nuova musica in maniera così repentina. Gli Slipknot, hanno riunito tutto ciò che amiamo dei nostri maniaci mascherati, condito con stile e una rinnovata consistenza, e nell’album numero sette sono riusciti a portare tutto questo all’estremo.

SLIPKNOT
La band al completo
The end, so far

La decisione di sollevare dall’incarico il produttore Greg Fidelman (protagonista degli ultimi due dischi) in favore di Joe Barresi (A7X e Coheed & Cambria), è nata chiaramente dal desiderio di sperimentare, espandersi e migliorare il sound degli Slipknot. Mentre il caratteristico marchio di fabbrica da assalto della band rimane al centro di “The End, So Far”, il campionatore/programmatore Craig Jones e la mente artistica del Clown riversano la loro magia nera come pece bollente nell’anima stessa del disco.

Questo paesaggio sonoro coinvolgente si apre con le note discordanti e inquietanti di “Adderall”, per accogliere l’ascoltatore nel nuovo mondo in cui sta per essere immerso. Le introduzioni ultraterrene nei dischi degli Slipknot non sono una novità, ma la decisione di cominciare con una traccia di quasi sei minuti caratterizzata da sintetizzatore e voce pulita, è un indicatore per l’intero disco : la band ha chiuso con i convenevoli e se ne fotte delle aspettative riposte su una delle più grandi band metal del mondo.

Ci sono pochi momenti di silenzio all’interno del disco, mentre suoni strumentali inquietanti fluiscono come apparizioni spettrali, collegando insieme le canzoni e sottolineando che, piuttosto che una selezione di brani, questo è un vero e proprio album. E proprio come gli Slipknot stessi, risulta che il tutto sia maggiore della somma delle parti di cui è composto.

SLIPKNOT
Corey Taylor in un’immagine promo dell’album
Un viaggio nel disco

É passato del tempo dall’era di “Hope is gone”, e dal caos ripetutamente su di giri di “Warranty“, ma dalla ferocia di “Hive Mind” risulta ben chiaro che il carattere forte e pesante è ancora al centro degli Slipknot, scatenando urla primordiali, battiti a raffica e altre magie generate da Sid WIlson come non sentivamo da tanto tempo. Ma la band si è sviluppata così tanto da quando erano i ragazzi incazzati di “Des Moines“, che anche se influenze e interessi si sono ampliati, continuano a suonare come nessun altro al mondo.

Essendo una band alla terza decade passata insieme, ci saranno sempre dei fan che si lamenteranno del fatto che non suonano più come in “Eeyore“, ma siamo franchi: non sono più quella band dal 2004, sono andati avanti. Gli Slipknot non sono mai stati famosi per stare dentro le righe, la ribellione è parte fondante della loro continua evoluzione, esulando dalla percezione di quello che dovrebbe essere una band metal, e passando a qualcosa di più appagante che riscrivere “Wait and bleed” in studi sempre più costosi.

Non preoccupatevi, il male è ancora vivo, e l’odio fuoriesce da brani come “The Chapeltown Rag” e “He77”, ma sono le increspature di “Acidic” e le oscillazioni di “Yen” che contraddistinguono “The End, So Far” come un momento cruciale nella carriera degli Slipknot.

La tracklist
Finale

Forse non risulterà un’opera cruda e istantanea come quelle del debutto, vile come “Iowa” o accattivante come “Vol. 3“, ma offre profondità, disagio e una costante sensazione di terrore in attesa del pericolo, a coloro che desidereranno immergersi negli abissi della coscienza collettiva dei nove.

E ora cosa succederà agli Slipknot? Il Clown è stato molto chiaro sul fatto che questo sarà l’ultimo album della band con la Roadrunner Records, dopodiché ripartiranno per un nuovo viaggio negli anni a venire, ma è ancora tutto vago. Non scommetterei su una fine così vicina come suggerisce il titolo dell’album, potremmo bensì stare assistendo agli albori degli Slipknot 2.0.

E noi siamo qui per questo.

A cura di
Mattia Mancini

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