Stratovarius, “Survive” – L’ecologismo e il tentativo di sopravvivere (anche a sé stessi)


Gli Stratovarius tirano fuori dal cilindo l’ennesimo buon album di power metal moderno e dalle tematiche da sempre care alla band. Qualcosa scricchiola, ma si va avanti

Negli episodi precedenti

Nella storia del Power Metal gli Stratovarius assumono un ruolo molto importante, dato che sul finire degli anni ’80 del secolo scorso presero la lezione dei teutonici Helloween e la commistionarono con accorgimenti neoclassici a la Malmsteen. Stile, questo, che ha fatto scuola e che ha sancito la nascita di una miriade di gruppi sia in Scandinavia, sia oltre oceano.

Fa strano e piacere poter parlare di Stratovarius ancora nel 2022 grazie a questo “Survive”. Certo, negli ultimi tre lustri è successo di tutto, con la band che ha intrapreso un nuovo percorso a causa (o grazie) all’abbandono da parte di capitan Timo Tolkki della nave che stava inesorabilmente affondando.

Matias Kupiainen prima e Rolf Pilve hanno cambiato le carte in tavola e dato nuova linfa vitale alla band, è un dato di fatto. Chi dice il contrario è solo affetto da una terribile forma di nostalgia (comprensibile per certi versi, per carità).

More of the same, but it’s ok

Bene, dopo aver adempiuto al brevissimo ripasso del passato più recente degli Stratovarius, parliamo di “Survive”, nuovo capitolo di quella che potremmo definire vera e propria saga concettuale iniziata con “Elysium” nel 2011 (“Polaris”, del 2009, può essere reputato come un’operazione “proviamo a vedere cosa si prova a staccarsi dal passato”), ovvero preservare il pianeta Terra e come l’umanità faccia schifo dovrebbe riscattarsi.

“Non ai livelli di “Nemesis” né di “Elysium”, “Survive” dona anche momenti epici ben congegnati e con una discreta progressione”

La band di Timo Kotipelto (unico componente storico sopravvissuto, assieme a Jens Johansson) è in forma, ampliando ciò che da anni a questa parte stanno ribadendo con forza: siamo ancora in pista e pestiamo, nonostante tutto.

Pochi voli su tonalità impossibili, tanta ritmica roboante e produzione massiccia che ogni tanto maschera brutture oggettive (“Firefly” è una versione steroidea di una sigla di un qualsiasi telefilm action / anime degli anni ’90) o dà la giusta spinta a episodi tutto sommato buoni (“We Are Not Alone”).

Notate nulla di familiare vicino al teschio, poco sopra lo smartphone distrutto?
Alla fin fine, vi vogliamo bene

Non ai livelli di “Nemesis” né di “Elysium”, “Survive” dona anche momenti epici ben congegnati e con una discreta progressione, come “Broken”(ruffiana quanto basta da non risultare stucchevole) o il tentativo in parte buona parte riuscito di unire il passato con il presente “Voice Of Thunder” (brano di oltre 11 minuti che conclude l’album). In sostanza, è il “classico album dei (non più) nuovi Stratovarius”: produzione moderna e bombastica che non piace a tutti e un songwriting altalenante ma che mai porta il lavoro verso livelli qualitativi infimi.

Non è di certo il disco da consigliare a chi voglia approcciarsi per la prima volta verso gli Stratovarius o al power metal, ma gli estimatori dell’ultima decade musicale potranno trovare soddisfazione.

Vi lasciamo con una domanda: nella copertina di “Survive” avete notato tra i rifiuti e le macerie la presenza di “Stratovarius”, omonimo album del 2005? Cosa vorrà dire?

a cura di
Andrea Mariano

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