The Cure – Mediolanum Forum – 4 novembre 2022

Dopo la data di Padova, che ha aperto il ciclo di concerti nel nostro Paese, Robert Smith & Co. sono saliti sul palco del Mediolanum Forum per portare la contro-rivoluzione post punk e concludere in un sold out stratosferico il loro tour italico.

Ci sono gruppi che nel tempo, con l’avanzare dell’età, perdono fan e smarriscono il loro credo musicale. Altre invece, pur partendo come band di nicchia, nate con l’intento di proporre qualcosa di diverso nel panorama musicale, accrescono il loro seguito, diventando dei propri fenomeni di culto. A questa seconda categoria appartengono i The Cure.

La band britannica, capitanata dal leggendario Robert Smith, non ha certo bisogno di presentazioni: ormai sono dei divi mainstream conosciuti anche da giovanissimi. Ed è questo che colpisce. La loro musica è così viva perché travalica le generazioni, viaggia su binari non solo musicali ma rivoluzionari, carichi di estetica e di contro-cultura. Le loro canzoni sono figlie di un certo “disagio”, di uno scompenso emotivo forte che viene incanalato in musica e parole che prendono e sono evergreen.

Quindi, sono passati anni dal loro debutto negli Anni Settanta ma l’aura post-punk continua ad essere vivo e i The Cure continuano proporre un credo musicale contro-culturale e a spaccare alla grande.

L’inizio dell’estasi

Ieri sera, 4 novembre, i The Cure si sono esibiti al Mediolanum Forum di Assago (Milano) facendo un tutto esaurito.

Forum già gremito intorno alle 19:30 dove un fiume di fan, quasi in religioso pellegrinaggio, ha riempito il palazzetto per ascoltare il credo dei The Cure.

L’estasi paradisiaca musicale scoppia intorno alle 20:20, quando la band sale sul palco e inizia a divulgare il verbo mandando in visibilio i fan più sfegatati che si sono accalcati sottopalco.

Come scaletta, iThe Cure proponendo un giusto mix tra canzoni note, storiche, e qualche brano nuovo provenienti dal loro imminente nuovo album, Songs of the lost world, giusto sequel di 4:13 Dream uscito ben quattordici anni fa, nel 2008.

Per questo i fan si sono fiondati in massa ad assistere al mini tour italiano della band. 14 anni di assenza sono tanti, ma il pubblico è rimasto fedele e ha atteso. Infatti, assistere al concerto è stato come quasi ritrovare un amico che non si rivede da anni. È passato del tempo, si è invecchiati, ma nell’animo si ritrova lo stesso ardore, lo stesso vigore dei bei tempi andati. E il piacere nel ritrovarsi è cosi estatico che permette di trasportarsi in un limbo onirico senza tempo, dove tutto è bello.

Il continuo flusso musicale

Poche parole, salvo qualche ringraziamento sbiasciato in quasi italiano da Smith che non ha nascosto la sua passione per la lingua nostrana. Per il resto il concerto è stato un flusso emotivo, dove l’animo dark malinconico, emo e riflessivo, si è fuso con quello punk, scalmanato, rockettaro, pronto a spaccare tutto.

Non è un caso che difatti, molti che avevano speso di più per acquistare posti seduti, si siano fiondati in piedi sottopalco per far fluire tutte le loro energie e “scalmanarsi”.

In realtà non è stato un tour de force musicale, ci sono stati dei momenti di stacco e di “riposo”, ma sono durati giusto una manciata di minuti. Il tutto atto più per scaldare l’animo e far accrescere ai fan la voglia di musica che un fermo per riprendersi dalla stanchezza.

Quello che colpisce è che è stato davvero un live mastodontico che nel complesso è durato quasi tre ore filate. Una cosa rarissima di questi tempi, dove un live viene mantenuto poco sotto le due ore.

L’estasi musicale arriva nel finale dove i The Cure cantano uno dietro l’altro: Friday i’m in love, Close to me, In between days, Just like heaven, boys don’t cry. Le canzoni simbolo della band che hanno chiuso in maniera fantastica un concerto pazzesco che in tanti si ricorderanno per molto.

Il sublime

C’è poco da aggiungere su un concerto che è stato davvero emozionante, d’impatto e pregno a livello musicale. La gioia è stata enorme e sono sicuro che molti che hanno assistito al concerto saranno passati ad uno stato di inizio serata al grido di “Friday i’m in love”, per poi entrare in uno stato paradisiaco “Just like heaven” durante il concerto, per concludere al grido di Boys don’t cry e cercare di non far uscire qualche lacrimuccia per l’emozione.

Io, mentre mi appresto a concludere questo articolo trasportato dallo scontro tra euforia e malinconia post concerto, concluderei più con l’inno In Between Days e aspetterò giorni, mesi, anni per ritrovare il mio vecchio amico, The Cure.

a cura di
Daniele Marazzani

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