David Gilmour – Circo Massimo, Roma – 29 settembre 2024

A distanza di quasi 10 anni l’ex chitarrista e voce dei leggendari Pink Floyd torna nella capitale italiana con la terza delle 6 date previste del tour per il suo nuovo album “Luck and Strange”, uscito lo scorso 6 settembre

Alla veneranda età di 78 anni, David Gilmour non ha avuto timore nell’affrontare ben 6 date consecutive (con una pausa di appena un giorno) per promuovere il suo nuovo album “Luck and Strange”.
Ovviamente l’annuncio di questo tour ha mandato in visibilio tutti i suoi fan, speranzosi di assistere a un concerto indimenticabile, in cui avrebbero potuto ascoltare anche qualche canzone dei Pink Floyd.

Certo non hanno potuto nascondere la paura che Gilmour non riuscisse a reggere tutte queste date e, magari, neanche un concerto particolarmente lungo. Purtroppo alcuni video delle prime due date sembravano confermare che la voce di Gilmour faticava non poco, lasciando spazio a diverse imprecisioni.

Ma questo non ha fermato i suoi sostenitori più fedeli, accorsi in massa per assistere a quello che, con ogni probabilità, sarebbe stato l’ultimo concerto della leggenda dei Pink Floyd.
David Gilmour è un’istituzione per il mondo del rock e, soprattutto, del prog, il minimo che si possa fare è portare rispetto fino alla fine e avere fiducia in lui.

Tanti Pink Floyd

Alle 21 precise Gilmour sale sul palco e inizia a incantare con la sua chitarra, mostrando a tutti che sa ancora “fare l’amore” con le corde, seppur con qualche piccola imprecisione.

La messinscena è minimal, con un semplice maxischermo alle spalle della band che riproduceva delle immagini legate alla canzone in questione, in alcuni casi addirittura immagini tratte dai video musicali delle stesse.
Il primo brano è stato “5 A.M”, tratto dall’album “Rattle That Lock” del 2015, seguito da “Black Cat” e da “Luck and Strange”.

Da qui parte un filotto di canzoni dei Pink Floyd, tra le quali “Breathe”, “Time”, “Fat Old Sun”, “Marooned” e l’indimenticabile “Whish You Were Here” dedicata a Syd Barrett, ex fondatore e frontman della band.
Purtroppo in queste prime canzoni Gilmour fatica molto con la voce, ma compensa con la parte strumentale, che coinvolge con assoli lunghi e ben eseguiti, anche se non impeccabili.

C’è spazio poi per il primo duetto della serata, quello di “Between Two Points”, cover del brano dei The Montgolfier Brothers, con la figlia Romany Gilmour, che ha reso fiero il padre sfoggiando la sua interessantissima voce.

Come ultima canzone prima della pausa di mezz’ora Gilmour ha scelto la meravigliosa “High Hopes”, altro brano dei Pink Floyd tratto dall’album Division Bell. Proprio durante questo brano c’è stato il primo momento in cui i fan più affezionati della band si sono guardati spaesati. Infatti durante l’assolo Gilmour, dopo essere partito suonando quello che tutti conoscono, si è lasciato andare ad una reinterpretazione dello stesso, cogliendo di sorpresa tutti coloro che hanno ascoltato il brano innumerevoli volte.

Set 2

Dopo il meritato riposo, Gilmour torna sul palco per il secondo tempo del suo spettacolo. Il copione non cambia, qualche brano del nuovo album come “The Piper’s Call”, anche questa con la figlia Romany, qualcun altro della sua carriera da solista come “In Any Tongue” e, ovviamente, altri dei Pink Floyd come “Sorrow” e “A Great Day For Freedom”.

Altra piccola rivisitazione per il famosissimo brano “The Great Gig In The Sky”, dal celeberrimo album “The Dark Side Of The Moon” del 1973, che ha visto sostituire la grande e potente voce di Clare Torry, famosa per uno degli assoli vocali più belli della storia della musica, dal canto soave e pacato delle coriste (Romany Gilmour inclusa). Questo ha, inevitabilmente, tolto molta potenza alla canzone, pur mantenendone l’intensità.

Ma non è finita qui, infatti anche “Coming Back To Life” ha avuto il suo assolo modificato da Gilmour che, come fatto con “High Hopes”, riprende le prime note per poi far correre le sue dita libere tra le praterie della chitarra quasi provando a giocare con la memoria dei presenti. Chi però conosce molto bene le canzoni dei Pink Floyd non può non ricordarsi nota per nota gli assoli di Gilmour e quanto questi ultimi fossero frutto di uno studio e di una metodicità tale da elevarli a un livello tecnico altissimo. Un’improvvisazione, seppur parziale, non può che perdere nell’impari scontro a punti con la perfezione.

Encore e conclusioni

Per concludere nel migliore dei modi David Gilmour ci ha regalato un’indimenticabile “Comfortably Numb”, con luci e laser a illuminare il circo massimo e con quell’incredibile assolo finale di 4 minuti che ha congelato il traffico nei dintorni, con macchine ferme e passanti che sono accorsi alle ringhiere per godersi il magnifico spettacolo.

Quello che ha stupito è che, nonostante i molti errori commessi nel corso della serata, sia alla chitarra che alla voce, Gilmour sia stato praticamente impeccabile in questo brano, quasi come se lui stesso lo avesse eletto come sacro e improfanabile.

Un pubblico estasiato da quell’ultima esibizione e da quello che, nel bene e nel male, è stato un concerto storico, saluta Gilmour che abbandona il palco ringraziando i presenti.

Difficile comprendere la scelta di Gilmour di rivisitare alcuni brani storici e modificare assoli presenti nella memoria dei fan da decine di anni, ma probabilmente fa parte della sua volontà di essere riconosciuto come artista al di fuori dell’universo Pink Floyd. Infatti in una recente intervista a Rolling Stone ha dichiarato che “tutto ciò che è stato fatto con i Pink Floyd è irrilevante ora”.

Fa strano, col senno di poi, dopo aver ascoltato un concerto con più della metà delle canzoni dei Pink Floyd, in un tour col nome del suo ultimo album, leggere una frase come questa.
Evidentemente anche per David non deve essere così facile staccarsi dalla storia della musica.

A fine serata, però, a prescindere da tutto questo, non possiamo che inchinarci di fronte a chi, quella storia, l’ha scritta.

a cura di
Edoardo Iannantuoni

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