“Cave World”: l’anno secolare dei Viagra Boys

Può una band evolvere il proprio sound rimanendo in linea con il proprio percorso e fare un tour internazionale in un solo anno? Se me lo avessero chiesto un paio di settimane fa avrei risposto di no, ma i Viagra Boys hanno dimostrato il contrario

Con “Cave World”, la band svedese dona un’ulteriore svolta al suo stile post punk a cui, specialmente in “Welfare Jazz”, si sono uniti fiati e componenti elettroniche magistrali nel corso del tempo. Nonostante l’accostamento continuo agli Idles e ai Fontaines D.C., i Viagra Boys, per quanto riguarda il genere, sono molto più vicini ai lavori solistici di Iggy Pop. In “Punk Rock Loser”, la quarta traccia del disco, in particolare, si notano le influenze anni ’60 sia dal punto sonoro che attitudinale.

Viagra boys
Copertina
Un genere per ogni traccia

La prima parte del disco aderisce molto ai primi due album della band. I brani che aprono l’LP, “Baby criminal” e “Cave hole”, infatti, camuffano la vera anima dedita al cambiamento di “Cave World” inducendo l’ascoltatore a pensare che si tratti di un lavoro privo di novità. Il terzo pezzo, “Troglodyte”, non è da meno, anche se inizia a prendere una piega leggermente diversa con dei cori orecchiabili. La vera svolta arriva con “The Cognitive Trade-Off Hypothesis” che con il solito ritmo monotono e un inaspettato falsetto di Murphy rimanda ai Bee Gees.

Segue “Globe Earth”, un brano “kraftwerkiano” che fa da introduzione all’ottava traccia del disco. Appunto in “Ain’t No Thief” si nota uno stile paragonabile a quello dei Sleaford Mods, emergono delle chitarre distorte più del solito e un flow invidiabile dai rapper. A tal proposito, all’interno del disco è presente un’unica collaborazione con Jason Williamson, cantante della band inglese sopraccitata: “Big Boy” “tratta male” la mascolinità tossica con un basso egocentrico ed un testo irriverente. Chiudono i brani “ADD”, “Human Error” e “Return To Monke” che dal punto di vista sonoro sono il “riassunto delle puntate precedenti”. Non vi è un calo di qualità dei pezzi, ma gli schemi utilizzati alla fine dell’album non aggiungono nulla di nuovo al lavoro rispetto a quelli precedenti.

Dall’ultimo banco

I Viagra Boys, pur non essendo dei rapper newyorkesi degli anni ’90, parlano di ghetto, rimango nell’ormai famoso ultimo banco citato nel brano “Slow Learner” (presente nel loro disco d’esordio “Street Worms”) osservando chi viene cacciato fuori dall’aula. I testi del disco approfondiscono il tema della devianza, raccontano le vite degli ultimi e dei matti. Come dei Robert Merton del 2022, ricercano le cause di atti estremi nel mondo che li circonda, troppo frenetico e pretenzioso per rimanere sani di mente. Non manca il solito sarcasmo dei Viagra. In “Creepy Crawlers”, ad esempio, prendono in giro il movimento no vax elencando tutti i luoghi comuni legati alla campagna vaccinale.

Nonostante la morte del chitarrista e fondatore Benjamin Vallé, la band ha continuato il suo percorso senza interrompere il tour ed evitando eccessive commemorazioni. L’ultimo anno per i Viagra Boys è valso quanto un secolo per un’altra band. Tramite continue sperimentazioni, il gruppo svedese anche questa volta ha lasciato il segno nel panorama musicale globale.

a cura di
Lucia Tamburello

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