I Nakhash, band italiana di stampo rock, ci raccontano i loro nuovi inediti in Cosa Resta

I Nakhash, band musicale formatasi con l’obiettivo di produrre inediti musicali, si esibisce nel suo primo tour nel 2015, rodando palchi importanti. Si affermano come una dei migliori gruppi musicali emergenti, garantendosi collaborazioni con artisti di alto calibro.

Il loro primo album “Cosa Resta” esce nel 2023, dopo un periodo di fermo dovuto alla pandemia; ma, nonostante ciò, la band ha trovato il modo di risolvere questa espansione temporale in un legame ancora ben saldo.

Questo disco si può definire come una mescolanza di diversi generi (pop, alternative, rock e indie) e racconta la ribellione verso imposizioni e obblighi sociali ed una forte tensione alla libertà.

Il singolo “Romantica”, che è l’ultimo del disco, racchiude una morale secondo la quale viene normalizzata la sconfitta all’interno di standard sociali pressanti. La valenza del titolo è duale: vuole essere un rimando alla corrente ottocentesca e il desiderio di rimanere bloccati nelle proprie inquietudini, fermandosi di fronte alla frenesia globale. Questo brano, in definitiva, rappresenta un’avversione al mondo progressista ed una consapevolezza degli stereotipi, che volevano essere inizialmente demoliti all’interno di questo viaggio musicale, di cui ci hanno parlato.

Ciao ragazzi, benvenuti a Distorsioni Sonore. Il vostro è un gruppo rock tutta all’italiana. Facendo qualche ricerca ho scoperto che Nakhash è un termine di origine religiosa. Come nasce la band e la scelta di questo nome per il gruppo, e cosa significa?

Ciao Distorsioni. Grazie innanzitutto per l’intervista. Sì, il Nakhash è un mostro biblico, è diventato il nome della band per colpa di una scommessa persa sul Leviatano di Hobbes. Un errore di gioventù, dato che lo sbagliano tutti, ma non siamo più riusciti a scollarcelo di dosso. La band nasce per scrivere pezzi, avevo qualcosa in mente e mi serviva assolutamente qualcuno con cui dargli un corpo, e così tra i corridoi del liceo ci siamo “riconosciuti” e ci siamo trovati a fare la prima prova dentro la saletta sgangherata di una diocesi.

Nel retroscena come lavorate nella produzione dei brani, e come vi trovate? 

Come ci troviamo e come non ci troviamo soprattutto. La maggior parte dei brani nascono da scontri feroci in saletta. Quando non ci saltiamo vicendevolmente alla giugulare o porto qualcosa, un giro di chitarra con un testo, e proviamo a vestirlo tutti insieme, oppure in stile jam session peschiamo dalla mischia quello che sentiamo più nostro.

Recentemente avete pubblicato il vostro primo album “Cosa Resta”, che è una frase ripresa dal brano “ Ostriche e Whiskey”. Qual è il messaggio che volete trasmettere?

Andare all’osso, scavare nelle cose importanti e spogliarsi di tutte quelle sovrastrutture, stereotipi, abitudini malsane che portiamo avanti perché “è così”, si “fa così”. Quanti gesti o scelte in realtà le facciamo con il pilota automatico, senza sapere davvero l’origine di ciò che si desidera. Ecco fermarsi e chiedersi Cosa resta in mezzo a tutto il rumore. Un po’ come quando fai un trasloco (ne ho fatti tantissimi) e scegli cosa portare e cosa lasciare. Un dramma.

Nel video musicale di “Iconoclasta” ci sono diversi riferimenti a film come “Il settimo sigillo”, “Carnage”, “Pulp Fiction” ed altri. Immagino vi siate divertiti a registrarlo, come è nata questa idea? È stato difficile girarlo?

Ti dico solo che ci siamo chiusi due giorni in un castello senza riscaldamento. Oltre al freddo, ad alimentatori di corrente portati su scala fatiscenti, e tonno in scatola, è stato divertentissimo. L’idea nasce proprio dal titolo del brano, Iconoclasta. Quindi l’obiettivo era dissacrare film iconici, film che amiamo moltissimo, in modo ironico e irriverente, un po’ come metafora di quella ricerca di cui parlavamo prima, delle cose che restano.

“Iconoclasta” e “Romantica” sono due brani che fanno riferimento alla società, potete parlarcene? 

Partiamo dalla fine, Romantica. È una dichiarazione di fallimento, perché ogni tanto è giusto cadere, sbagliare, e stare lì a terra, spogliandosi di tutta quella retorica del successo che fa tanto male. In una società che ci chiede di essere sempre performanti è giusto concedersi il lusso dell’errore sulla pelle. L’abbiamo spiegata così: stare una sera sdraiati sul pavimento freddo di casa propria. Poi il giorno dopo si capisce. Iconoclasta è più arrabbiata, sfrontata, irriverente, è come il ragazzino di 14 anni con la musica metal sparata nelle orecchie che dice “il mondo fa schifo”. E allora si urla alla rivoluzione, si sbattono le porte, e ci si diverte in mezzo al caos che si crea intorno, Iconoclasta è proprio un inizio, una miccia accesa, che si risolve poi con Romantica, e così torniamo alla fine. Per dirla alla Hegel si parte da una tesi e sia arriva a una sintesi.

Quale è, tra tutte le vostre canzoni, quella alla quale vi sentite più legati?

Bella domanda e, soprattutto, si può dire? Una canzone è un po’ come un figlio, è quasi un peccato denunciare pubblicamente il preferito anche se c’è sempre. Ti dico solo che quando ne abbiamo parlato in saletta a un certo punto continuavamo a cambiare la risposta in modo tale che almeno ognuno di noi ne avesse una diversa, così per dare dignità a ogni brano.

Avete live in programma?

Sì. Ci vediamo il 10 marzo al Rockish di Torino. Per tutti i prossimi appuntamenti, seguite la nostra pagina Instagram.

a cura di
Morena Kercuku

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – I Sepultura saranno alla Festa di Radio Onda d’Urto
LEGGI ANCHE – “Il Mio Futuro” è il nuovo brano dei Boschi Bruciano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *