MESHUGGAH: la band che rimane “immutabile” nel tempo
Nessuno fa musica come i Meshuggah, nessun’altra band avrebbe potuto realizzare Destroy Erase Improve o obZen. Sono tornati con Immutable, il loro nono album in studio e il primo in sei anni.
Immutabile. Un aggettivo che significa “qualcosa che non cambia nel tempo o incapace di essere modificato”.
Per molti versi, il titolo di questo album è perfetto. Negli ultimi tre decenni, i Meshuggah sono stati costantemente e ostinatamente all’apice del metal progressivo estremo. Il termine “djent” e le band che fanno questa musica, sono nate in gran parte grazie al colosso svedese che ha costantemente creato nuove canzoni, guadagnandosi l’etichetta di “pionieri” del genere.
Il tutto riprende da dove si era interrotto The Violent Sleep of Reason, ottavo album in studio. Ritroviamo, infatti, la band con uno stato d’animo relativamente giocoso e più libero dal preciso tecnicismo che li ha accompagnati per molti anni. In effetti, l’album si apre in modo inaspettato con Broken Cog, una batteria lenta ma insistente, una linea di chitarra atonale ripetuta e prolungata e voci rauche sussurrate inaugurano quasi 70 minuti di ferocia schiacciante.
Nonostante la notevole durata di Immutable, i Meshuggah hanno ripreso una sorta di vibrante energia. Tutto viene amplificato al massimo dall’intensità sbuffante di Phantoms e dalla frenesia sincopata di God He Sees in Mirrors. Mutati nel tempo, oggi ritroviamo una band in grado di fare qualsiasi cosa, pur rimanendo se stessa. Questo è un dato di fatto che dura da oltre 30 anni.
Vale la pena ora evidenziare il tono con cui hanno scritto e registrato l’album.
Sebbene la band possa sembrare immutabile nel tempo o non in grado di essere cambiata, lo stesso Immutable suona più caldo e diverso rispetto a ciò che hanno composto per anni. Sembra che i Meshuggah si siano rilassati un po’, senza sacrificare la precisione che è d’obbligo per queste leggende svedesi, facendo fronte anche ai frequenti cambiamenti di tempo e umore.
Immutable è un’esperienza solida e il fatto che mantenga lo stesso livello di energia, attraverso un tempo di esecuzione di 66 minuti, è notevole. All’inizio l’ascolto può risultare un po’ ostico però quando raggiungiamo Armies Of The Preposterous e infine Past Tense, vale la pena ascoltarlo fino in fondo.
I Mesuggah sono i padrini della tecnologia e, che tu sia un fan del loro stile violento o meno, non c’è alcun dubbio che gli echi della loro influenza risuonano ancora sulla scena fino ad oggi.
a cura di
Martina Nardoni