Katatonia, “Sky Void Of Stars”. Li ricordavamo diversi, ma va bene così

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“Li ricordavamo diversi, ma va bene così” è la frase che potrebbe dire un gruppetto di fan che rimane un po’ spiazzato dopo alcuni anni di non-ascolto della band scandinava. Il nuovo album dei Katatonia, tuttavia, è ben lontano dall’essere un brutto disco

Trent’anni da quel “Dance of December Souls”. I Katatonia hanno subito, o meglio, realizzato un’evoluzione molto simile ai cugini Opeth. Da atmosfere estremamente dark infarcite di growl e chitarre degne di un motore di una Fiat 127 scarburata, a un metal progressive velato di malinconia e oscurità, ma più leggibile e accessibile.

Non è una questione di essere diventati meno incisivi, tutt’altro. Semplicemente, è la genuina e naturale evoluzione di una band, in questo caso di un pilastro della band quale Jonas Renkse. La sconfitta di alcuni demoni interiori, un rinnovato equilibrio e, perché no, il tentativo di fare via via qualcosa di diverso (che è ben lontano dal voler rinnegare gli albori, attenzione). Ecco dunque “Sky Void of Stars”, ulteriore tassello dell’evoluzione dei Katatonia che, diciamolo subito, scontenterà i fan di vecchia data, i quali tuttavia gli riconosceranno un oggettivo valore.

La copertina di “Sky Void of Stars” è una delle più belle degli ultimi anni
Non rinnego. Rielaboro

L’amarezza lancinante, la malinconia che ti abbraccia fin quasi soffocarti sono molto edulcorate; non che sia diventato tutto un inno alle montagne in fiore e all’ottimismo, per carità di qualsiasi divinità voi vogliate, ma è tutto molto più elaborato, più sottile. Una sensazione di strano disagio, esile ma comunque presente, si forma, si tesse e si rafforza ascolto dopo ascolto. Non è più soffocante, ma il peso sulle tue spalle, seppur più leggero, continuerai a percepirlo.

“Drab Moon”, “Author” e “Imperance” costituiscono un trittico magistrale da questo punto di vista. Un climax ben riuscito di tutto ciò che abbiamo appena cercato di spiegarvi. I “nuovi” Katatonia (in realtà da almeno un decennio) hanno solo continuato a perfezionare uno stile che permettesse di veicolare in maniera diversa un certo malessere. Se prima era urlato e tirato in faccia come un cazzotto in mezzo a un gruppo di persone, ora è più una carezza sul collo di un amante che via via con delicatezza stringe sempre più.

“Sei cambiato, ma sono contento per te”

“Sky Void of Stars” ha dalla sua un progredire omogeneo, il che gli permette di essere un album coriaceo, compatto, senza pezzi fuori luogo o che spezzano il ritmo o l’atmosfera, riuscendo al tempo stesso a evitare l’ombra della monotonia. Non incontrerà il gusto di coloro che, i Katatonia, li hanno apprezzati nella loro massima auge depressivo-melanconica, ma nessuno mette in dubbio una certa qualità di quanto attualmente proposto, perdonandogli anche episodi un po’ più light come “Atrium”. Il finale affidato a “No Beacon to Illuminate Our Fall”, dopotutto, fa perdonare anche quella piccola sbavatura.

a cura di
Andrea Mariano

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