Red Hot Chili Peppers – I-Days, Ippodromo Snai La Maura – 2 luglio 2023

Tornano gli I-Days con i più amati musicisti del panorama funky rock, i Red Hot Chili Peppers, con il loro groove inconfondibile

La sesta serata degli I-Days vede come protagonisti Skin e i suoi Skunk Anansie, gli Studio Murena e i Primal Scream che preparano il pubblico ai tanto attesi Red Hot Chili Peppers.

C’è ancora il sole sopra Milano alle 21:30 e sul palco dell’ippodromo danno inizio ad una jam session il bassista Flea, il chitarrista John Frusciante e il batterista Chad Smith.

Sono tutti lì a guardare con il fiato sospeso quelli che sono il cuore indiscusso di questa band.

Ad un certo punto balza zoppicante Anthony intonando le note di “Around the world”. Il pubblico, al suo arrivo, lo accoglie in maniera poco entusiasta. Sarà stato il caldo, le lunghe ore passate sotto al sole, o peggio, l’incredibile performance di Flea e Frusciante ad aver oscurato la luce del frontman che sembra faticare fisicamente e vocalmente al confronto.

Segue “Scar Tissue”, altra pietra miliare del loro repertorio. Aspetto il pogo ma nessuno sembra avere voglia, forse è ancora troppo presto, fa ancora troppo caldo, Antony ci sorprenderà…

Arriva “Snow”, la cui atmosfera è meno “hardcore” ma più “soft porn”, per citare Californication. Tutti ondeggiano su quelle note e, di colpo, schermo nero. Tutti i brani si concludono con l’interruzione delle loro riprese sugli schermi, il che spezzava la continuità rovinando l’atmosfera.

Sembrava come se decidessero al momento le canzoni da suonare, spesso intonando note di un brano per poi cambiarlo all’ultimo momento; non esattamente ciò che mi aspettavo da un gruppo così cosolidato.

Il pubblico

Un altro punto a sfavore è stato, inoltre, il mancato coinvolgimento del pubblico a cui Anthony non parla, si limita quasi solo a “svolgere il suo lavoro” come un qualsiasi impiegato ma almeno ringrazia, anche se frettolosamente, solo alla fine. Sembrava come se non volessero essere lì, non erano nel mood probabilmente, o magari, e questa sarebbe l’alternativa peggiore, si saranno comportati in maniera disinteressatamente snobistica.

Nella setlist, inoltre, si sente la mancanza di alcuni dei brani più celebri del passato, che sono stati sacrificati dall’inserimento del nuovo album: “Return of the Green Canteen”.

Conclusioni

Sarò ridondante ma è stato un concerto dimenticabile e, forse, chi era con me sarà d’accordo. Mi aspettavo un po’ più di piccantezza da quei peperoncini che hanno sempre professato il verbo della trasgressione.

a cura di
Benedetta D’Agostino

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