Avenged Sevenfold – Life Is But A Dream: La recensione del nuovo album

A distanza di 7 anni dall’ultimo album “The Stage”, gli Avenged Sevenfold tornano con il nuovissimo “Life Is But A Dream”, uscito lo scorso 2 giugno.

Dopo averci abituato a far uscire un album ogni 2/3 anni, gli Avenged Sevenfold stavolta ce ne hanno fatti aspettare ben sette!
Complice di questa enorme distanza di tempo è sicuramente stata la pandemia, che ha ritardato di molto l’uscita dell’album.

“Life Is But A Dream” è infatti stato in produzione dal 2018 al 2022, per poi essere rilasciato il 2 giugno scorso.

Per promuovere l’uscita di questo nuovo album i Sevenfold hanno fatto una campagna social con tanto di countdown che prometteva un annuncio importante che, ovviamente, era l’uscita del loro ultimo lavoro.
Oltre a ciò hanno fatto uscire ben due canzoni per solleticare la curiosità dei fan.

La prima è stata “Nobody”, con tanto di video musicale girato interamente in stop motion, che ha entusiasmato non poco tutti coloro che aspettavano con ansia il ritorno della band.
La seconda è stata “We Love You”, anch’essa accompagnata da un video musicale in realtà virtuale, durante il quale si poteva osservare un mondo che cambiava aspetto seguendo i cambi musicali all’interno della canzone stessa.

C’è da dire, però, che quest’ultima canzone funziona molto meno se separata dal video musicale, quindi probabilmente nell’immaginario della band c’era l’intenzione di creare un’esperienza che combinasse musica ed effetti visivi.

Molte influenze e generi mischiati

Per ammissione stessa della band ci sono state varie influenze artistiche che hanno ispirato questo album, e si parla di nomi importanti, alcuni di questi sono particolarmente evidenti, così come la presenza di una miriade di generi diversi oltre all’Heavy Metal che, a essere onesti, è quello meno presente.

Chiaramente c’è stata una voglia di sperimentare e giocare un po’ per provare a creare qualcosa di unico, magari cercando di adattarsi al mercato attuale ed evitare di cadere nel dimenticatoio.

Questa sperimentazione però era già iniziata ai tempi di “Nightmare” nel 2010, per poi prendere una forma più marcata ed evidente in “The Stage” nel 2016.

Ma c’è sempre stata una costante nello stille degli Avenged Sevenfold, che non è venuta meno neanche in questo album, e cioè la presenza di strumenti da orchestra come archi e strumenti a fiato.
Questo ha dato modo alla band di dare vita a degli scorci epici paragonabili a colonne sonore da film.

L’album

Mettere come prima traccia una dal titolo “Game Over” crea quasi un ossimoro che fa credere che sia tutto finito prima ancora di cominciare.
Invece la canzone inizia con un intro di chitarra classica molto soft per poi andarci giù pesante in stile System Of A Down.

“Mattel” è forse una delle poche canzoni che mantengono lo stile Avenged Sevenfold quasi del tutto. Sono molto presenti, infatti, tastiere elettroniche che potrebbero portare l’ascoltatore a pensare di star ascoltando un’altra band, ma ricordo che quest’ultima non è nuova a questo genere di sperimentazione.

Saltando le due canzoni di cui vi ho parlato prima, ovvero “Nobody” e “We Love You”, arriviamo a quella che personalmente ritengo la migliore di tutto l’album: “Cosmic”.
Questa canzone è la più lunga di tutte ed è quella che contiene più cambi musicali e ha la curiosa scelta di mettere un lungo assolo di chitarra praticamente all’inizio del brano, per poi proseguire con batteria e pianoforte e concludere spiazzando l’ascoltatore con una tastiera elettronica che introduce batteria e chitarra elettrica e la voce sintetizzata di Matt Shadow.

Poi che fai, non ce li metti due archi alla fine?

Arriviamo poi al trio di canzoni “G”, “[O]rdinary” e “[D]eath”, le quali iniziali formano la parola GOD, che contengono alcune cose interessanti.

Nella prima possiamo sentire la presenza di due voci femminili e l’evidente influenza Jazz che viene mischiata col rock e crea qualcosa di molto godibile e originale.
Nella seconda assistiamo alla totale scomparsa del metal per lasciare spazio all’elettronica, ovviamente qui l’ispirazione è presa dai Daft Punk.
Nell’ultima abbiamo l’evidentissima presenza dello stile di Frank Sinatra che viene alternata con una strumentale epica che poi concluderà il brano.

Infine, l’album termina con “Life Is But A Dream” totalmente strumentale, interamente suonata al piano da Synyster Gates.

Conclusioni

Con questo album gli Avenged Sevenfold hanno confermato il loro cambio di rotta quasi radicale, avviato già qualche anno fa, verso lidi nuovi e sconosciuti, che li porteranno però sempre più lontani dall’Heavy Metal.

Il mix di stili rende le canzoni interessanti e godibili ma porta anche l’album a essere un’insieme di cose poco definito che spinge l’ascoltatore a chiedersi quale fosse l’obiettivo della band.

Sia chiaro, non sto dicendo che questo sia un pessimo album, anzi, voglio solo assicurarmi che chi si aspetta di sentire gli Avenged Sevenfold di “Waking The Fallen” o, per mantenerci più recenti, di “Hail To The King” non rimanga deluso.

Questo è un ottimo album da ascoltare se si è in cerca di qualcosa di diverso e interessante, ma di sicuro non lo si deve ascoltare se si è in cerca di puro Heavy Metal.

Molto interessante il fatto che per i testi delle canzoni la band si sia ispirata al filosofo Albert Camus, parlando di esistenzialismo e assurdismo.

Dopo aver ascoltato l’album per 4 volte continuo a credere che le canzoni migliori siano “Nobody” e “Cosmic”, ma siamo ben lontani da quelle opere d’arte tipo “Strenght Of The World” o “Beast and The Harlot” (no, non è un caso che siano entrambe prese dall’album “City Of Evil” che ritengo tuttora il migliore degli Avenged Sevenfold).

Ecco, forse è proprio questo il problema principale di “Life Is But a Dream”: manca quella canzone che ti fa urlare al capolavoro.

Detto questo bisogna ammettere che gli Avenged Sevenfold continuano a rinnovarsi volta dopo volta senza rimanere troppo radicati alle proprie origini, e credo che questo vada comunque apprezzato.

Non vi resta che ascoltare l’album e farvi un’idea vostra, nel frattempo ricordate: la vita non è che un sogno.

a cura di
Edoardo Iannantuoni

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