Kublai e il suo “Sogno Vero”: intervista

Si intitola “Sogno Vero” il nuovo album di Kublai fuori il 12 aprile

Quattro tracce, una piccola collezione di paradossi, un nuovo EP per il progetto solista di Teo Manzo che segue la pubblicazione del omonimo disco d’esordio del 2020. Co-scritto da Mamo (già batterista degli Io?Drama), e prodotto da Vito Gatto, questo disco attinge a piene mani dalla categoria dei sogni, tanto improbabili quanto rivelatori, sceneggiature che mostrano, senza risolverla, l’ambiguità del reale.

Noi lo abbiamo intervistato per farcelo raccontare al meglio!

Ciao Teo, benvenuto su Distorsioni Sonore! Il 12 aprile possiamo ascoltare il tuo nuovo EP “Sogno Vero”: un insieme di quattro perle musicali che attingono al tema dell’onirico, ma raccontaci di più su come nascono!

Ho scritto questo EP interamente a quattro mani con Mamo (già batterista degli Io?Drama), ed è nato in maniera molto spontanea, senza premeditazioni. Il risultato ha sorpreso anche noi in un certo senso, anche perché musicalmente proveniamo da mondi abbastanza eterogenei. Abbiamo condiviso alcune esperienze molto intense, e questo ci ha infuso una forte comunità di intenti. Quando la vita diventa enorme, la musica è facile da fare. Il problema di molti musicisti e musiciste, a mio avviso, è che mettono la musica davanti alla vita, vogliono “esserci” per mezzo di essa, rincorrono dei canoni, vogliono assomigliare ad altri. È qui che fare musica diventa frustrante e faticoso.

Realtà e sogno si mescolano, così come le sperimentazioni musicali tra l’elettronica, le parti strumentali e quelle cantate: qual è stata la tua ispirazione che ti ha spinto a questa commistione?

Come dicevo, scrivere musica insieme ad altri ti esonera dai riferimenti, non mento quando dico di non averne. Se chiedi a dieci persone diverse a cosa assomiglia la musica del progetto Kublai ti risponderanno dieci cose diverse. E trovo tutto questo molto sollevante. L’elettronica presente in questo disco è opera quasi esclusiva di Vito Gatto, che l’ha prodotto. Per il resto, direi che è la tendenza alla sperimentazione che ci ha condotti verso l’ambientazione onirica, e non il contrario.

Sempre a proposito di sogni, si dice che il modo per poterli ricordare meglio e dunque analizzarli è quello di scriverli su un foglio non appena ci si sveglia: ci hai provato?

No, difatti li ricordo raramente.

Quanto di tutti questi elementi onirici, immaginari e immaginati si sono poi tramutati in realtà?

L’unica relazione tra “Sogno vero” e la realtà è che questo EP vuole essere un passaggio sicuro per attraversarla. Qui i sogni sono una grammatica, un linguaggio artistico per dire e dirci qualcosa noi, qualcosa che già conteniamo, che già siamo. La realtà rimane quello che è.

Le immagini che ci sono nei brani sono molto nitide: hai per caso pensato di affiancarci un video?

Ci abbiamo pensato, non escludiamo di farlo più avanti.

Prima di salutarci, visto che ci ha molto incuriosito, ti chiediamo di spiegarci come nasce anche l’idea della copertina, anche questa molto suggestiva!

La copertina è stata realizzata da Simone Pezzolati. In sostanza, cercavamo un accostamento che fosse straniante, ossimorico come il titolo dell’album. L’immagine che Mamo ha suggerito è quella di tre omini a bordo piscina, in pose rilassate, vacanziere. L’atmosfera è un po’ quella dei “Bagni misteriosi” di Giorgio de Chirico, se hai presente. Qui la piscina è però un baratro, un buco nero. L’idea di fondo di “Sogno vero” è proprio questa: saper stare sul ciglio, saper guardare il limite, farne parte. 

a cura di
Redazione

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