“Saviors”: finalmente i Green Day sono tornati
Il 19 gennaio 2024 è uscito “Saviors”, il nuovo album della band californiana. I Green Day festeggiano così due anniversari importanti per la loro carriera: i 30 anni di “Dookie” e i 20 di “American Idiot”.
Billie Joe Armstrong, Mike Dirnt e Tré Cool sono tornati in studio dopo 4 anni dal loro ultimo lavoro, “Father of All Motherfuckers”, ma questa volta lo fanno insieme a una loro vecchia conoscenza. A collaborare nella realizzazione di “Saviors” vediamo di nuovo il produttore Rob Cavallo, lo stesso che ha accompagnato Green Day ai tempi di “Dookie”, “American Idiot” e come co-produttore in “21st Century Breakdown”.
Quale combinazione migliore di due anniversari e il loro storico produttore, per creare un grande disco?
Le premesse ci sono tutte
“Saviors” si apre con una dose di adrenalina, rilasciando uno dopo l’altro i singoli che hanno proceduto l’uscita del disco. “The American Dream Is Killing Me“, un’altra grande provocazione che cavalca la linea di suo fratello maggiore “American Idiot”; “Look Ma, No Brains!”, la ribellione e il divertimento punk della scuola dei Ramones; “One Eyed Bastard” e la sua somiglianza iniziale con “So What” di P!nk, ma che comunque ti fa già sognare un godurioso pogo a ritmo di bada bing bada bing bada boom.
“Dilemma” e “Bobby Sox” lasciano un po’ il sound veloce ed energico, per lasciare spazio ad uno più grezzo e aggressivo. Il primo è un faccia a faccia con vecchi demoni di Billie Joe, dalla dipendenza alla salute mentale.
I was sober, now I’m drunk again
I’m in trouble and in love again
I don’t wanna be a dead man walking
Il secondo invece, rivela Billie Joe nelle recenti interviste, è una canzone romantica, inizialmente dedicata alla moglie Adrienne, ma con un cambio di testo si è deciso per rivolgersi a tutte le sfumature d’amore.
Ci immergiamo nell’album: com’è?
Da “1981” inizia la vera scoperta di “Saviors”. Tré Cool picchia fortissimo la sua batteria e con la sesta traccia si spinge sull’acceleratore, continuando a restare nella carreggiata del punk semplice ed energico. Ma si rallenta subito dopo con “Goodnight Adeline”, tornando in una dimensione più intima e melodica.
Si entra sempre di più nell’album, alternando di continuo pensieri esistenziali, critiche sociopolitiche, senza dimenticare di divertirsi. I Green Day sanno come si fa, e giocano con “Coma City” e “Corvette Summer”. La prima, scandita da melodie innovative e un’ambientazione distopica; la seconda invece dall’anima più rock’n’roll british.
Dal decimo brano in poi, ci si imbatte in sonorità già conosciute nella storia della band. Un lontano salto nel 1997, all’era di “Nimrod” con “Suzie Chapstick” e la sua chitarra acustica. Uno invece verso il 2009, dove “Strange Days Are Here to Stay” sembra uscita direttamente dall’album “21st Century Breakdown”.
Ultimo giro di boa e tocca a lui, il pezzo più energico e incazzato dell’album. I Green Day continuano nel loro compito di denunciare tutto il marcio americano. “Living in the 20’s” punta il dito contro la diffusione delle armi, e le tragiche sparatorie. In particolare, viene ricordata la sparatoria di King Soopers del 2021 a Boulder, in Colorado.
Potevano mancare delle lacrimucce? Ovviamente no. “Father to a Son” è una lettera a cuore aperto di un padre verso un figlio, accompagnata da chitarra acustica, pianoforte e giri armonici.
“Saviors” si conclude con l’energica title track alla “American Idiot”, dove le chitarre tornano ad essere le protagoniste con un lungo assolo, e “Fancy Souce”, che ricorda una simpatica filastrocca, dal significato malinconico.
We are the last of the rockers making a commotion
Ho aspettato questo disco, come quando si aspetta Babbo Natale. Un amore che rimane e persiste dopo così tanto tempo. Ricordo ancora come mi sono sentita la prima volta che ho ascoltato una loro canzone. E con “Saviors” un po’ ho sentito quelle emozioni.
Ok, non è l’album rivelazione come lo sono stati “Dookie” e “American Idiot”, ma è un album che fa da collante. Dove si legge tutta la storia dei Green Day, passato, presente e futuro. Perché sì, sono passati più di 30 anni da quando questi tre hanno deciso di fare musica.
E continuano divertendosi, sperimentando senza mai perdere la loro animo punk, nonostante ormai siano più che 50enni.
“Saviors” è un album che ha il sapore dei loro inizi in giro per i club, ma che ha un’ identità che solo chi sale sul palco da così tanto tempo riesce a mantenere. C’è tutto ciò che sono i Green Day. Riflessioni, critiche, denunce che si evolvono di generazione in generazione per non abbandonare i nuovi ribelli del millennio.
E come dicono sempre: “We’re still alive!”
Ora non ci resta che aspettare, il prossimo 16 giugno per un super concerto agli I-Days di Milano!
a cura di
Martina Giovanardi