“Screamin’ At The Sky”: il nuovo album dei Black Stone Cherry
Gli hard rockers del Kentucky tornano sulla scena con il loro ottavo album “Screamin’ At The Sky”, con una formula semplice e rassicurante, ma leggermente statica
Chris Robertson (voce), Ben Wells (chitarra), John-Fred Young (batteria) e Steve Jewell Jr. (basso) hanno pubblicato il loro ottavo album in studio “Screamin’ At The Sky“, alle spalle quasi 20 anni di solida carriera nel panorama rock.
Per chi non conoscesse i Black Stone Cherry, aspettatevi di ascoltare del southern rock ben fatto, dai suoni granitici ed esplosivi.
Per chi conoscesse i Black Stone Cherry, non stupitevi se non coglierete grandi novità rispetto ai precedenti album.
Una formula semplicemente rock
Lo schema dei Black Stone Cherry resta infatti semplice e rassicurante.
Le chitarre ruggenti con accordatura droppata, la voce fumosa, la batteria e il basso compatti e feroci sono inconfondibili, ma la formula risulta spesso ripetitiva.
Alcuni pezzi emergono più di altri, in particolare nel primo singolo estratto “Out Of Pocket”, “Nervous” o “Show Me What It Feels Like”, che fin dalle prime note sono una vera e propria esplosione di energia.
Allo stesso modo, anche la title track “Screaming At The Sky” colpisce, grazie a una costruzione del brano efficace con ritornello da cantare a gran voce come un inno.
Altri brani come “Not Afraid”, “Who You Are Today” o “R.O.A.R.” non ruggiscono, in particolare se ascoltati nell’insieme dell’album, per quanto decisamente radiofonici nella realizzazione.
Nota di merito per le linee melodiche che si fanno genuinamente confortanti in “Here’s To The
Hopeless” e nella speranzosa “You Can Have It All”, chiudendo i 40 minuti di album come il migliore dei concerti rock: con una canzone da cantare a squarciagola e pogando fino all’ultima nota.
Né alti né bassi
La band ha deciso di giocare in casa anche questa volta, in un album che suona assolutamente ben fatto ma leggermente statico. I brani sembrano realizzati su misura per il mercato rock odierno, con riff potenti e ritornelli incisivi, una batteria piena, ma mai esagerata.
Alcuni brani funzionano, soprattutto se estrapolati dall’insieme e inseriti nel contesto radiofonico, proprio grazie a questa formula così consolidata nel tempo ed efficace, ma nel complesso però l’ascolto completo dell’album può risultare un po’ noioso e ridondante.
Una cosa però è certa. Blackberry Smoke, Buckcherry, Black Stone Cherry: a quanto pare tutte le band che racchiudono frutti rossi nel nome non possono che essere rock.
a cura di
Chiara Serri