GeneriAmo – Un genere, cinque dischi: Metal italiano

GeneriAmo - Metal Italiano

La nostra rubrica sui generi musicali che amiamo oggi ci parla di quel mondo un po’ sulfureo, un po’ epico, che in Italia ha tanti nomi storici anche a livello internazionale e altrettante sfighe: il metal

“L’Italia non è fatta per il metal”. Invece ci sono band che all’estero vengono venerate e hanno anzi aperto strade poi percorse e rifinite da altri. Ecco, sulle ali dell’entusiasmo, mi sono detto: “Ma sì, scegliamo cinque dischi metal italiani da far scoprire”. Sono invece andato a incasinarmi la vita da solo.Ma come, se parli di metal in Italia, è facile, ci sono i soliti cinque, sei nomi più o meno storici e stop”, mi sono sentito dire. Per un attimo ho ammirato e invidiato la genuina ingenuità mista a ignoranza del mio sventurato interlocutore.

Il guaio è che ci sono tantissime band valide, dagli storici Vanadium e Strana Officina ai Sadist e Rhapsody of Fire, dai Death SS ai Labÿrinth, ma anche i Novembre, gli Extrema, i Lacuna Coil, Domine, Dgm, Vision Divine, Temperance, Dark Lunacy… Come non citare poi tutto quel mondo black che, non si sa come, non si sa perché ha trovato terra fertile in Sicilia (sì, un luogo esattamente opposto alla madrepatria Scandinavia), o il metal ironico dei Nanowar of Steel e degli Immortadel (thrash metal cantato in pugliese con testi incredibili).

Ecco perché sono in piena crisi. Non adolescenziale, non (ancora) di terza età, bensì esistenziale.

Cercherò, dunque, di consigliarvi e di parlarvi di un disco per ciascun macro genere di metal. Non sarà facile, perché nel Power dovrò scegliere tra Domine e Rhapsody (chi è amante del genere capisce che è come chiedere “Vuoi bene a mamma o papà?” quando adori entrambi). In aggiunta, qualche ulteriore bonus sparso per cercare di instillarvi ulteriore curiosità.

Let’s go.

Heavy Metal
STRANA OFFICINA – Rock & Roll Prisoners (1989)
metal italiano - strana officina - rock & roll prisoners

La band livornese è il santo graal del metal italiano. Ci hanno creduto sin dagli albori, realizzando EP ed album sin dalla seconda metà degli anni ‘70. “Rock & Roll Prisoners” è un compendio di quanto realizzato fino a quel momento dagli Strana Officina dei fratelli Cappanera, i quali putroppo lasceranno questo mondo a causa di un incidente poco tempo dopo l’uscita di questo album. Un Heavy Metal classico già all’epoca, ma suonato molto bene e che non sfigura accanto a esponenti esteri. Tanto per dirne una: in quel periodo gli Iron Maiden stavano preparando “No Prayer For The Dying”: questo album degli Strana Officina lo asfalta passandoci sopra sei o sette volte di seguito.

Bonus: Vanadium – “A Race with the Devil” (1983)

Molti si aspetterebbero “Game Over”, disco valido e che segnò la consacrazione di Pino Scotto e soci anche a livello europeo. “A Race with the Devil”, tuttavia, ha il merito di confermare quanto valido fosse già l’Hard&Heavy milanese. Farà sorridere la pronuncia inglese di Scotto, ma il tutto è compensato da un carisma e una capacità interpretativa già all’epoca fuori dal comune.

Prova ad ascoltare anche: Sabotage – “Rumore nel Vento” (1984) e “Behind the lines” (1986); Arthemis – “Blood-Fury-Domination” (2017, metal più moderno)

Power Metal
DOMINE – Stormbringer Ruler (2001)
metal italiano - domine - stormbringer ruler

Sì, i Domine. Perché quel quartetto composto da “Champion Eternal” e soprattutto da “Dragonlord”, “Stormbringer Ruler” ed “Emperor of the Black Runes”, hanno realizzato in musica l’epopea di Elric di Melniboné, protagonista della celebre saga fantasy a cui lo strigo Geralt deve un po’ di ispirazione. Soprattutto, la band non deve invidiare nulla a nessuno in quanto a ispirazione e capacità compositiva. “Stormbringer Ruler”, tuttavia è ciò che può folgorare chi dei Domine non sa nulla: power metal epico, con cavalcate incredibili, linee vocali pazzesche (e stavolta senza uso di computer, ma tutta farina del sacco del cantante Morby, ugola pazzesca) e perizia tecnica di grande valore ed emozione.

Bonus: Rhapsody – “Symphony of Enchanted Lands” (1998)

Secondo album dei Rhapsody (ora Rhapsody of Fire), ha quella “Emerald Sword” che è l’inno del power metal italico e che rimarca ancor di più quanto i ragazzi enunciarono nel precedente ed eccezionale “Legendary Tales”: Fabio Lione, Luca Turilli e Alex Staropoli insieme possono portare l’asticella del power metal epico ancora più in alto. Tanto è stato, tanto è nella storia. I primi due album sono importantissimi e fondamentali per il rilancio di un genere che all’epoca cercava in tutti i modi di rialzarsi. Anche oggi, con Giacomo Voli alla voce, hanno qualcosa da dire, cambiando un po’ lo stile degli albori ma producendo sempre album di qualità.

Prova ad ascoltare anche: Labirynth – “Return To Heaven Denied” (1998); Temperance – “The Winter Wake” (2006, sonorità power e folk); Temperance – “Limitless” (2015)

Thrash Metal
EXTREMA – Tension at the Seams (1993)
metal italiano - extrema - tension at the seams

Vengono definiti i “Pantera italiani” e per un periodo le assonanze erano palesi. Sarebbe tuttavia riduttivo definire gli Extrema solo in questo senso. Nascono negli anni ‘80 e “Tension at the Seams” risente del thrash classico e fa propria la lezione di “Cowboys from Hell” e “Vulgar Display of Power”. Il risultato è una pietra miliare nel panorama metal della Penisola, oltre a farsi notare anche all’estero. Considerando il periodo e il budget a disposizione, la produzione dell’album è godibile ancora oggi. Da annoverare per gli Extrema anche “Set The World on Fire” (2005) e “The Seed of Foolishness” (2013)

Bonus: IN.SI.DIA – “Di Luce e d’Aria” (2022)

Thrash metal in lingua italiana, signori miei. Sì, fa strano ma è ottimamente realizzato. D’altronde gli In.Si.Dia hanno puntato sin dagli albori sulla nostra lingua madre, per orgoglio e per scommessa. Una produzione eccezionale e Fabio Lorini alla voce finalmente ben amalgamato col resto della band sono una sferzata di aria rigenerante come un cazzotto in pieno volto. Consigliamo di recuperare anche “Guarda dentro te” (1995) e “Istinto e Rabbia”, con Riccardo “YARD” Panni al microfono. Dischi fondamentali nella storia del metal italiano

Prova ad ascoltare anche: BULLDOZER – The Day of Wrath (1984)

Death Metal
SADIST – Firescorched (2022)
metal italiano - sadist - Firescorched

Pensavate che avrei indicato il seminale “Above the Light”, vero? Infatti lo consiglio caldamente. Ora che mi viene in mente, quasi sempre gli esordi in questo ambiente sono state delle bombe incredibili. Tuttavia, per chi vuole unire tradizione truculenta e rediviva ispirazione, “Firescorched” è un gran bel disco, pesante, suonato magistralmente e che può essere un buon inizio per chi, abituato – giustamente – alle produzioni moderne, vuole scoprire i Sadist e andare poi a ritroso nella loro discografia.

Bonus: Dark Lunacy – “The Diarist” (2006)

Ancora in attività, con questo concept album la band di Parma si annovera tra i progetti nostrani più interessanti a livello internazionale. Il disco verte sull’assedio di Leningrado durante la Seconda Guerra Mondiale, durato 900 giorni. Rispetto ai Sadist, i Dark Lunacy sono meno istintivi, se vogliamo più metodici e più affini alla scuola scandinava, pur mantenendo una indiscussa personalità e identità.

Non-so-dove-posizionarli Metal
NOVEMBRE – Ursa (2016)
metal italiano - novembre - ursa

Al momento ultimo album della band, i Novembre hanno percorso in parallelo l’evoluzione vissuta da Opeth e, ancor di più, dai Katatonia. Attenzione però: sono, appunto, percorsi paralleli, dato che agli albori i due gruppi svedesi erano ancora misconosciuti nel Bel Paese e i Novembre erano già (da poco) in giro. Una serie di particolari eventi hanno portato gli italiani a passare dal Doom/Death più simile ai primi Anathema fino a un Progressive malinconico di pregevolissima fattura, cui “Ursa” è emanazione più recente. Da recuperare assolutamente anche “Materia” del 2006 e “Arte Novecento” del 1996.

Bonus: Death SS – “Heavy Demons” (1991) e “Black Mass” (1989)

Sì, due dischi, perché “Heavy Demons” è l’ideale per chi è più avvezzo a sonorità Heavy, mentre “Black Mass” è più prettamente horror con virate sul thrash/death. Due dischi abbastanza diversi, ma importanti per capire come Steve Sylvester, unico superstite della formazione anni ‘80 che tante demo aveva prodotto e nessuna uscita ufficiale di rilievo (e neppure cantante originale, in verità), abbia investito tante risorse nel progetto Death SS, dall’immagine alla ricerca di uno stile che potesse in qualche maniera cambiare genere e mantenere al tempo stesso un’immagine demoniaca e inquietante credibile.

a cura di
Andrea Mariano

LEGGI ANCHE – ATUM ACT II, IL NUOVO CAPITOLO DELLA TRILOGIA ROCK DEGLI SMASHING PUMPKINS
LEGGI ANCHE – “REVENGE” È IL NUOVO ALBUM NU METAL DI AKES


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *