Judas Priest: la recensione di “Invincible Shield”

Judas Priest Invincible Shield recensione

Judas Priest: “Invincible Shield” e i vecchietti che danno ancora lezioni a suon di badilate di stile e freschezza

Il 2024 si sta profilando come il ritorno degli anziani del mondo del metal. Dopo Bruce Dickinson e il buono-ma-non-così-tanto “The Mandrake Project”, ecco qui i Judas Priest con “Invincible Shield”, un album al quale, devo dirlo in maniera sincera, avevo paura ad approcciarmi.

Il figliol prodigo

La voce di Halford in “Panic Attack” è ovviamente frutto di uno sforzo e di accorgimenti che in sede live non possono essere facilmente replicati; “Crown of Horns” una buona ballad, ma presa da sola non ha poi così tanto senso di esistere. Bene, sono felice di autodefinirmi un miscredente. “Invincible Shield” nella sua interezza è una corazzata comandata da simpatici vecchietti che, grazie anche all’aiuto di forze più fresche (Richie Faulkner, album dopo album, continua a essere uno degli innesti più fruttuosi e rinvigorenti degli ultimi 60 anni nel panorama Hard Rock / Metal), dopo 50 anni di storia riesce ancora una volta a sfondare il muro della diffidenza.

Se su più fronti e verso altre band si elevano voci di “vi voglio bene, ma adesso basta”, i Judas Priest rispondono a badilate di riff e qualità. Il contentino a chi nel 2024 si ostina a ripetere che Halford non canta più come nel 1985 o nel 1991 è dato da “Panic Attack” e dall’ancor migliore “The Serpent and the King”, salvo poi ricordare che anche su registri più bassi si può prendere a schiaffi chiunque con la title track, “Gates of Hell” o “As God is my Witness”.

Coscienza di sé

Dopo 50 anni continuare a creare qualcosa di valido e che non sia il solito “Ah, vi ricordate quando facevamo quello o quell’altro?” è difficile. Eppure, in un modo o nell’altro, i Judas Priest riescono nell’intento, uscita dopo uscita, almeno da una decina d’anni a questa parte, da quel “Redeemer of Souls” che nel 2014 sorprese più di un ascoltatore. Questo è, in parte, forse, merito anche di un’apertura mentale maggiore rispetto al passato e di una consapevolezza che certi stilemi caratterizzanti la “golden age” dei Priest possono essere richiamati, ma non possono essere più la trave portante della loro attuale esistenza.

È bello, per certi versi commovente, continuare a trovare la firma di Glenn Tipton sui brani, segno che il chitarrista nonostante il Parkinson sia ancora attivamente coinvolto, quantomeno in fase di composizione. Viene accreditato anche nell’esecuzione degli assoli di “Sons of Thunder” e “Vicious Circle”. Andy Sneap, oltre a essere il produttore, viene accreditato per generiche “chitarre aggiuntive”, ma pensiamo si sia occupato quasi interamente lui delle parti della seconda chitarra. Non c’è nulla di male in questo, sia chiaro.

Dare spazio creativo anche a Richie, ascoltare qualche consiglio del produttore Andy Sneap e la già citata consapevolezza delle attuali capacità e limiti della macchina Judas Priest (fattore, quest’ultimo, non scontato), sono gli ingredienti vincenti di questi progressi che hanno portato a far diventare “Invincible Shield” un album godibile, robusto, solido, con qualcosa da dire di nuovo (nell’ambito classic metal dei Judas, ovviamente) e che non si limiti a essere una macchietta o un rimando nostalgico ai tempi d’oro.

Dare ancora lezioni di stile dopo 50 anni

Concludiamo col dire che per una volta anche le bonus track della versione Deluxe di “Invincible Shield” hanno una dignità d’alto livello: “Fight of Your Life”, “Vicious Circle” e “The Lodger” non sono delle B-side, ma un ottimo plus da godersi e che permettono di incrementare il minutaggio di goduria per quei vecchi metallari ormai calvi e per quei giovani virgulti che, una volta tanto, possono approcciarsi alle vecchie glorie del genere anche con nuovi lavori.

Per chi rimane arroccato sulla montagnetta di livore fatta di “Non sono più quelli di una volta”, un consiglio: rompete meno i coglioni e godetevi un po’ di più chi cambia riuscendo a mantenere una dignità artistica anche a 70 anni.

a cura di
Andrea Mariano

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