La dipendenza come spinta creativa: l’intervista a IMuri

Il chitarrista e cantante Lorenzo Castagna ci racconta, “Torna a prenderti”, il nuovo singolo de IMuri

La band IMuri, una delle colonne portanti dell’indie rock italiano degli ultimi anni, “torna a prendersi” da “un posto un po’ stretto” con un nuovo pezzo che si addentra verso suoni più articolati e psichedelici pur rimanendo in linea con i lavori precedenti del gruppo. Dopo la pubblicazione dei singoli precedenti, “Puro istinto” e “Rughe”, “Torna a prenderti” tenta di abbattere un altro mattone del muro di difficoltà che ostacolano l’uomo moderno: la dipendenza.

Ciao Lorenzo, benvenuto su Distorsioni Sonore! “Torna a prenderti” viene descritto come “Un viaggio nel proprio io attraverso difficoltà e modi di ingannare il cervello, per trovare una via di uscita dalla condizione di dipendenza.”; che ruolo ha/ha avuto la dipendenza nel vostro processo creativo?

La dipendenza, credo abbia sempre un ruolo nel processo creativo e può essere di tanti tipi, oserei dire che c’è sempre una sorta di dipendenza che diventa poi in qualche modo necessità, e quindi moto o spinta creativa.

È sempre stata un ostacolo nel viaggio nel proprio io?

Credo che proprio a causa delle nostre dipendenze, si riesca poi in qualche modo a fare quel viaggio e a fare i conti con se stessi.

Grazie a cosa risorgerà il posto un po’ stretto di cui parli nel brano?

Il risorgere è legato alla persona, la rinascita da una spiacevole condizione, o la speranza che avvenga.

I vostri testi si ispirano al vissuto; il periodo pandemico, che ha messo per certi versi in stand by la quotidianità, ha frenato la tua scrittura?

Tutt’altro, ha incentivato la riflessione, e di conseguenza la scrittura. Aver avuto il tempo di fermarmi, fare i conti con me stesso in una situazione di quel tipo dove tutto era spento, ha generato un terreno fertile fatto di pensieri, come pezzi di puzzle da al posto giusto.

A mio avviso IMuri hanno la capacità unica di adattarvi ai suoni “popolari” in un particolare periodo senza cadere negli standard imposti dal mercato musicale. “Torna a prenderti”, ad esempio, unisce il funk al post punk e al pop cantautorale: tutti generi in voga in questi ultimi anni; è un effetto su cui ragionate come band o è qualcosa di involontario e naturale?  

Siamo poveri perché non seguiamo le mode (al momento), scherzi a parte credo che l’arte non debba standardizzarsi, l’unicità della persona, del gruppo, band o artista che sia e quindi il valore, si manifesta proprio attraverso la libertà non con la standardizzazione. Quanto ai suoni o ai generi che escono fuori dal mondo IMURI, posso dire che sono vestiti che indossiamo oggi o domani o forse mai più.

Anche la complessità è sempre stata una componente centrale nella vostra discografia, non è per nulla facile inquadrarvi in un genere ben preciso. Per quanto riguarda il rapporto diretto con il pubblico, questa caratteristica è stata più un limite o un valore aggiunto?

Ovviamente un limite, ma credo che la complessità in musica sia ben altra, e il genere a volte un limite. Come dicevo sopra, vestiamo vestiti che ci piacciono e con i quali ci sentiamo a nostro agio, come espressione di noi stessi in un preciso momento, vestiti che forse domani saranno diversi, ma sempre legati al nostro cordone ombelicale che è il rock e la psichedelia. Probabilmente si è persa un po’ la voglia di capire o la voglia di darsi del tempo per scoprire e capire qualcosa che va in direzioni opposte al mercato.

Per salutarci ti chiedo qual è, se c’è, un fil rouge tra i tuoi singoli precedenti, “Rughe” e “Puro istinto”, e “Torna a prenderti”?

L’accettazione, il superamento della difficoltà, della barriera, del “muro”.

a cura di
Lucia Tamburello

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