sum 41

La band canadese fa un inchino e chiude il sipario alla grande, con un doppio disco scoppiettante che celebra il tanto acclamato ritorno alle origini

La carriera dei Sum 41 sembra legata in modo univoco all’eredità del pop-punk nel suo insieme. Il loro debutto nel 2001, “All Killer No Filler” fu pubblicato all’apice della seconda ondata mainstream dello stile. Successi come “Fat Lip” e “In Too Deep” non solo portarono alla band livelli di fama senza precedenti, ma divennero anche capisaldi del pop-punk nei primi anni duemila.

“Does This Look Infected?” ha preso l’atteggiamento grezzo e ribelle dei Sum 41 e lo ha un po’ perfezionato. Brani come “Over My Head” e “Still Waiting” hanno cavalcato lo slancio inarrestabile della band e l’hanno portato avanti fino in fondo. Fino ad arrivare a “Chuck”, la loro prima (e unica?) evoluzione del suono, che li ha visti virare abbondantemente verso il metal. I fan ricorderanno questi tre album non solo come l’innegabile periodo di massimo splendore della band, ma anche come un importante catalizzatore di quella che fu probabilmente l’era più popolare del pop-punk.

Sum 41
Il cantante dei Sum 41
Dalle stelle alle stalle

Nonostante tutta la fama che raggiunsero in un lasso di tempo relativamente breve, è incredibile quanto bruscamente diminuirono in seguito. “Underclass Hero” doveva essere il punto di svolta, con l’obiettivo di creare la propria versione dell’allora enormemente popolare “American Idiot” dei Green Day. Tuttavia, gli assurdi tentativi di affermarsi come un “concept album” con qualcosa di importante da dire, specialmente non essendo famosi per la profondità dei contenuti, alla fine lo affondarono.

Anche in seguito i risultati furono scarsi, con “Screaming Bloody Murder” che andò male sia dal punto di vista commerciale che critico. Nemmeno il successivo “13 Voices” che non riuscì a spostare l’ago della bilancia in alcun modo apprezzabile. Il primo vero segno del ritorno alla magia di un tempo da parte dei Sum 41 è arrivato nel 2019, con un approccio di ritorno alle origini che includeva alcuni testi politicamente carichi. Non era sicuramente alla pari con la prima trinità del gruppo, ma sembrava tornato ad essere Sum 41, e questo era sufficiente.

Sum 41
La band al completo
Heaven

Possiamo finalmente presentarvi il tanto atteso seguito di “Chuck” del 2004, e pare che i Sum 41 questa (ultima) volta ce l’abbiano fatta davvero. Il disco è diviso in due, “Heaven” è un album pop-punk in tutto e per tutto, sull’onda di “All Killer No Filler”, mentre “Hell” segna un ritorno ai giorni di gloria di “Chuck”. Sono d’altronde due tra gli album cardine della loro carriera, quindi ha senso dal punto di vista del fan service che i Sum 41 facciano del loro meglio per ricreare l’intensità delle due epoche.

Per apprezzare questi due dischi, bisogna fare una premessa. Se non ti sono mai piaciuti i Sum 41, allora Heaven :X: Hell non farà nulla per migliorare la situazione, perché non intraprende un cambiamento. Ma se sei cresciuto col pop punk degli anni duemila, allora farai un bel viaggio nel tempo. L’energia e l’intensità ritornano come non accadeva da decenni, e l’alternanza di ritornelli incisivi e riff carichi di chitarra ti travolge come un’ondata di nostalgia.

I ritornelli orecchiabili di “Landmine” e “Dopamine” ci riportano ai livelli dei classici Sum 41, arrivando poi al pezzo riempi-stadi per eccellenza : “Radio Silence”. Anche la propensione del gruppo ad intrecciare un eccellente lavoro di chitarra durante la creazione dei loro pezzi melodici rimane intatta.

Sum 41
Deryck Whibley durante un live
Hell

Ciò che Heaven fa per i fan dei primi due album storici, Hell lo fa per i discepoli di Chuck. Essendo la metà metal del doppio album, la batteria, i riff i breakdown e gli assoli diventano tutti più “hard”. A tratti, Hell potrebbe sembrare ancora più pesante di Chuck, il che è un’impresa considerando le radici pop-punk della band.

Il singolo “Rise Up”, con la sua fusione di melodie accattivanti e riff/assoli violenti, è il pezzo migliore per definire le aspettative sul secondo disco. Ma Hell raggiunge il culmine con “I Don’t Need Everyone”, che regala probabilmente il momento strumentale più impressionante dell’intera discografia dei Sum 41.

“House of Liars” è la canzone più completa di Hell, sacrificando parte dell’intensità per mostrare la migliore performance vocale di Whibley. Il tema è una tagliente condanna ai governi moderni, a conferma che dall’inizio alla fine, non c’è un solo momento debole in Hell. É un pacchetto del tutto soddisfacente di dieci brani metal-punk roventi e brucianti, sorprendendo anche i fan più accaniti con la sua complessità strumentale.

La tracklist dell’album
In conclusione…

Nonostante il ritorno al passato e la qualità del songwriting presenti nell’album, i difetti che hanno sempre caratterizzato i Sum 41 esistono ancora. Sono una band che risiede comodamente nella propria nicchia, sfruttando i loro punti di forza, anche se ciò significa affrontare molte delle critiche che da sempre gli vengono rivolte. Sebbene ci siano alcuni momenti inaspettati come la conclusione di pianoforte di “Over The Edge”, le canzoni generalmente mancano di varietà.

I testi sono mediamente buoni, ma servono principalmente a trasmettere sentimenti di depressione e ribellione senza un nucleo emotivo o il senso di scopo, rispettivamente, a sostenere l’uno o l’altro. Tuttavia, queste debolezze sono più inerenti al DNA dei Sum 41 che a Heaven :x: Hell in particolare, il che rende l’album ancora più simile a una sintesi della carriera dei Sum 41: questi sono loro, con difetti e tutto.

Nel complesso, è difficile pensare a un modo migliore per i Sum 41 di concludere la propria carriera. È un album emblematico di ciò che sono, che mette in mostra i loro più grandi punti di forza e rappresenta i loro periodi più popolari. In venti canzoni, alcune finiscono per essere più memorabili di altre, ma nessuna è al di sotto della media, e sono tutte piene di ritornelli divertenti ed energia giovanile. Sono venti fugaci momenti in cui i Sum 41 si mettono a nudo e danno tutto, ancora una volta. E come canta Whibley nel finale del disco : “Perché niente di buono dura mai? / Ho dato tutto quello che potevo dare”.

Con Heaven :x: Hell, quello che i Sum 41 ci hanno regalato è un vero gran finale, e vale la pena goderselo.

a cura di
Mattia Mancini

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