“Will Of The People”, il viaggio tra le incertezze dei Muse

Il nono album dei Muse è un viaggio nelle paure e nelle incertezze della vita quotidiana. Resta lo sguardo disilluso sul mondo, diminuisce la potenza del messaggio

Dall’esordio con l’album “Showbiz”, passando per il successo ottenuto con “Absolution”, fino ad arrivare al penultimo album “Simulation Theory”, un disco atipico con sonorità pop anni ’80. I Muse hanno senza ombra di dubbio segnato il panorama rock degli ultimi venti anni, con una produzione ricca e variegata unita a uno stile sempre autentico e riconoscibile. Che ci piacciano o meno.

Portatori sani di grande talento artistico, ma anche di parecchie critiche musicali, la band di Teignmouth è giunta alla pubblicazione del nono album in studio, “Will Of The People”, un viaggio nelle nostre paure e nelle incertezze che ci riserva il futuro, racconta il cantante Matt Bellamy.

Un album che, come spesso è successo per la discografia del trio composto da Bellamy, Howard e Wostenholme, ha aizzato le folle di fan e allo stesso tempo i nemici di lunga data.

La cover dell’album
Uno sguardo disilluso

“Will Of The People” nasce con un intento fortemente politico. L’album è ben strutturato e il risultato complessivo è un bel disco fedele allo spirito dei Muse, ma che non riesce a pieno nel suo obiettivo, restando su un piano un po’ superficiale. Il classico pacchetto “immaginario distopico + alternative rock + testi politico/sociali” confezionato à la Muse inizia a sentire il peso del tempo.

I testi toccano alcune delle principali problematiche storiche e sociali dei nostri tempi: pandemia, guerra, crisi climatica, tirannia, bullismo, senza rinunciare a un pizzico di amore extra.

Niente di nuovo in casa Muse, che hanno sempre affrontato tematiche simili. Ma l’impatto è meno potente dai primi album, in cui il concept generale e l’urgenza della band sfondava le cuffiette, riuscendo infatti a uscire e conquistare il mondo rock mainstream, sui quali forse si stanno adagiando un po’ troppo (parola di fan, ndr).

La volontà del popolo

L’album si apre con la title track “Will Of The People“, in cui un muro di voci all’unisono ripete la presunta soluzione ai problemi trattati nell’album: la volontà del popolo. “We need a revolution so long as we stay free”: Bellamy invita alla ribellione, alla libertà, ma seppur il brano sembri funzionare, musicalmente il messaggio passa in secondo piano, coperto da una sottile ironia.

Il brano seguente, “Compliance“, risulta estremamente coerente con la produzione della band. L’atmosfera distopica d’ispirazione orwelliana, data dalla perfetta crasi di testo, narrazione e synth, sembra ripescata dai brani di inizio anni duemila. Un brano potente e attuale.

Il videoclip di “Compliance”

Allo stesso modo, anche “Liberation” richiama sonorità tipiche dei Muse, in cui coro, piano e l’inconfondibile falsetto di Bellamy si uniscono in una (quasi eccessivamente) esplicita citazione ai Queen, da sempre riferimento della band.

Riff distorti accompagnano “Won’t Stand Down”, uno dei primi singoli usciti per annunciare l’album, un brano che è un vero e proprio inno al riprendersi il potere e difendersi dal bullismo, che ci riporta al senso di cupa urgenza dell’album “Absolution”. 

I’ve opened my eyes, and counted the lies, and now it is clearer to me
You are just a user, and an abuser, and I refuse to take it

Won’t Stand Down

Ancor più, è “Kill or be Killed” a regalare sfumature metal aggressive e richiamare alla mente una perla dell’album precedentemente menzionato del 2004, “Stockholm Syndrome”.

Cringe è l’unico termine utilizzabile per “You Make Me Feel Like It’s Halloween“, il solo step davvero rivedibile del disco. L’album si riprende grazie a spolverate di amore e dolcezza al piano in “Ghosts (How Can I Move On)” e nei synth delicati di “Verona“, in cui la voce impeccabile di Bellamy racconta la storia di un amore contrastato, ovviamente riferito alla tragedia shakespearianaRomeo e Giulietta”.

We are fuckin fucked

Chiudono l’album “Euphoria“, un brano che cerca di farci uscire dall’intorpidimento e ricercare il cambiamento e “We Are Fucking Fucked“, un riassunto della situazione drammatica attuale: siamo fottuti, colpiti da terremoti, guerre, tsunami di odio. Eppure, è proprio qui che si percepisce e realizza la volontà del popolo, chiamato a reagire e non subire.

Nella sua complessità “Will Of The People” è un album in pieno stile Muse, decisamente a fuoco, con alcuni brani in particolare che non ci usciranno presto dalla testa. Un album che non lascia certo delusi i fan, in cui hanno riportato gli elementi che li hanno resi celebri in quanto tali, ma in cui manca quel pizzico di senso di urgenza della gioventù.

Rispetto al precedente album, infatti, l’ascolto è più fluido e il messaggio più immediato, anche grazie a un certo processo di “autocitazionismo”. Bellamy continua ad osservare il mondo con uno sguardo disilluso (sarebbe bello poter definirlo solo distopico), ma il risultato appare a tratti troppo retorico. Certo, ce ne fossero.

Insomma, il trio britannico ha messo da parte le scelte stravaganti per tornare sulla strada battuta e forse quello di cui abbiamo bisogno è proprio questo: che continuino ad essere autentici e riconoscibili.

I Muse torneranno a esibirsi in Italia il prossimo 26 ottobre per un live intimo all’Alcatraz di Milano. Chi è stato a un loro live già sa che è un appuntamento immancabile.

a cura di
Chiara Serri

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