GeneriAmo – Un genere, cinque dischi: il cantautorato italiano anni ’80

cantautorato italiano anni 80

La nostra rubrica sui generi musicali che amiamo oggi parla dei cinque album di cantautorato italiano più importanti degli anni ’80

Continua il nostro viaggio all’interno del cantautorato italiano, ed arriviamo a quello che forse è stato il decennio di maggiore successo per i nostri cantautori, soprattutto a livelli di vendite e di riscontro live: Edoardo Bennato è il primo artista italiano a riempire lo stadio di San Siro, e stessa sorte toccherà negli anni successivi ad Antonello Venditti e Claudio Baglioni.

Ma analizziamo, sempre in rigoroso ordine cronologico, i cinque album che, secondo noi, hanno segnato più di tutti gli anni ’80.

Pino Daniele – Nero a metà (1980)

Il disco con cui Pino Daniele inizia a farsi conoscere al grande pubblico è un capolavoro di world music. Già, perchè definire “Nero a metà” solo un disco blues è altamente riduttivo. Certo, la base di partenza è quella, ma Pino allarga gli orizzonti e grazie ad una superband (tra i quali citiamo Agostino Marangolo alla batteria, Gigi De Rienzo al basso, Ernesto Vitolo alle tastiere e James Senese al sax) mette insieme Stati Uniti e Mediterraneo, Napoli e il Delta del Mississippi.
Da questo disco escono brani come “Quanno chiove”, canzone che racconta la giornata di una prostituta con una delicatezza ed una poesia inaudite, “Voglio di più”, “A me me piace ‘o blues” e “A testa in giù”.

Curiosità: il titolo dell’album riflette l’anima musicale di Pino, ma è anche una dedica a Mario Musella, cantante degli Showmen, scomparso poco prima della pubblicazione del disco, definito da Pino Daniele “nero a metà” in quanto figlio di madre napoletana e di padre nativo americano, che si trovava in Italia per via della guerra.

Il disco vende circa 300.000 copie, raggiungendo come picco massimo l’ottavo posto in classifica nel 1980, e risultando il diciottesimo album più venduto di quell’anno. Nei decenni successivi, però si fa spazio con merito tra gli album più importanti della storia della musica italiana.

Franco Battiato – La voce del padrone (1981)

Se si pensa a Franco Battiato non si può non pensare immediatamente a “La voce del padrone”, letteralmente l’album che ha cambiato la musica italiana nei primi anni ’80.

Sette brani che tutti conoscono, che formano di fatto un greatest hits, e che possono essere snocciolati come una formazione di calcio: “Summer on a Solitary Beach”, “Bandiera bianca”, “Gli uccelli”, “Cuccurucucù”, “Segnali di vita”, “Centro di gravità permanente”, “Sentimiento nuevo”.

Sembra quasi impossibile pensare che questa sfilza di brani, entrati dritti nella storia della musica italiana, facciano tutti parte di un solo album, ma la penna di Battiato e gli arrangiamenti di Giusto Pio sfornano una pietra miliare del cantautorato italiano e della nostra musica in generale.
Dalla critica feroce degli aspetti immorali della società (terrorismo, politica, soldi) che troviamo in “Bandiera bianca”, alle tantissime citazioni di “Cuccurucucù” (dall’Iliade di Omero a Nicola di Bari, da Mina ai Rolling Stones), fino alla ricerca di una stabilità interiore, da dove poter osservare il mondo esterno senza venirne influenzati, ovvero “Centro di gravità permanente”.

Diciotto settimane al primo posto nella classifica degli album più venduti, oltre un milione di copie totali, e una manciata di canzoni che in soli 31 minuti di durata hanno rivoluzionato tutto il pop che è venuto dopo.

Vasco Rossi – Bollicine (1983)

L’album da cui è iniziato il mito.
Sì, perchè nonostante i primi cinque album (di scarso successo all’epoca) e la partecipazione al Sanremo dell’anno precedente con “Vado al massimo”, è nel 1983 e dopo la seconda partecipazione al Festival con “Vita spericolata”, che Vasco Rossi inizia la sua ascesa verso l’Olimpo della musica italiana.
“Bollicine” esce il 14 aprile 1983 e contiene, oltre alla title-track, canzoni come la già citata “Vita spericolata”, “Una canzone per te” (le cui chitarre sono suonate da Dodi Battaglia dei Pooh), ma anche “Portatemi Dio” e “Giocala”, tra le altre.

Da annotare una curiosità su “Vita spericolata”: Tullio Ferro scrive la musica del brano nel 1982. La prima stesura del testo da parte di Vasco è dedicata ad una non precisata Licia. Le parole recitavano “voglio Licia, la voglio così com’è”.
Poi, durante il tour di quell’estate, per la precisione a Cagliari, dopo un temporale che costringe all’annullamento del concerto, arriva l’illuminazione, e Vasco scrive di getto il testo che tutti conosciamo.
La canzone, manco a dirlo, arriva penultima al Festival di Sanremo 1983.

Un’altra curiosità, stavolta su “Una canzone per te”: la ragazza a cui è dedicata la canzone è la stessa per cui Vasco aveva scritto “Albachiara”. Dopo averla incontrata anni dopo, infatti, e averle confessato che quel brano era stato scritto per lei, la risposta incredula e imbarazzata della ragazza fornì lo spunto per questa nuova dedica.

Claudio Baglioni – La vita è adesso (1985)

Il disco più venduto di sempre nella storia della musica italiana.
Basta forse questa frase per raccontare “La vita è adesso” di Claudio Baglioni, ma snocciolare i numeri fa ancora più impressione: 1.200.000 copie vendute in Italia nei primi sei mesi, 27 settimane consecutive al primo posto in classifica (record tuttora imbattuto), e un totale di 73 settimane nella top 50.
Ad oggi si stima che abbia venduto oltre 2.400.000 copie.

“La vita è adesso” è un concept album che vuole raccontare una giornata di vita, a partire dal risveglio mattutino (“Un nuovo giorno o un giorno nuovo”) fino alla notte (“Notte di note, note di notte”).
Sono due le curiosità che dobbiamo annotare su questo disco: la prima è che alla registrazione prende parte anche un ventottenne Hans Zimmer, suonando il sintetizzatore e occupandosi delle programmazioni.
La seconda è che il titolo originario dell’album doveva essere “Un bar sulla città”, visto che tutti i testi sono stati scritti da Baglioni sulla terrazza del celebre bar Zodiaco (oggi chiuso), che dalla collina di Monte Mario affaccia su tutta la città sottostante.

Il successo dell’album porta Baglioni ad intraprendere un tour negli stadi che, manco a dirlo, risulta il più grande tour musicale degli interi anni ’80, con oltre 1.200.000 spettatori in 30 date, e il concerto di chiusura dello Stadio Flaminio che fu trasmesso in diretta televisiva (primo concerto trasmesso in diretta TV nella storia della musica italiana) e seguito da 12.000.000 di telespettatori.

Zucchero – Oro, incenso & birra (1989)

Il cantautorato italiano che varca i confini della nostra penisola, nonchè l’album della definitiva consacrazione di Zucchero “Sugar” Fornaciari, sia in Italia che all’estero.
“Oro, incenso & birra”, infatti, è stato per lunghi anni l’album italiano più venduto nel mondo: oltre 8.000.000 di copie totali (1.840.000 in Italia, secondo album di sempre, oltre 2.500.000 nel resto d’Europa). Ben 20 settimane consecutive al primo posto in Italia e 8 consecutive in Svizzera.

Un album “all hits”, forse la più clamorosa raccolta di successi tutti in un solo disco nella storia della musica italiana.
La tracklist parla da sola: “Overdose (d’amore)”, “Nice (Nietzsche) che dice”, “Il mare impetuoso al tramonto salì sulla Luna e dietro una tendina di stelle…”, “Madre dolcissima”, “Diavolo in me”, “Iruben me”, “A Wonderful World”, “Diamante”, “Libera l’amore”.

Per non parlare, poi, delle collaborazioni: il testo di “Diamante” scritto da Francesco De Gregori e dedicato alla nonna di Zucchero, le chitarre di Eric Clapton a pennellare ogni assolo di “A Wonderful World”, la musica di “Libera l’amore” scritta dal Maestro Ennio Morricone.
Ci si concede perfino il lusso di escludere la “take” di “Madre dolcissima” con l’assolo del mitico Stevie Ray Vaughan (che verrà inserita poi in successive ristampe).

Una curiosità anche su questo album, e in particolare su “Iruben me”, ce la racconta direttamente Zucchero: «In realtà è il nome di una ragazza danese che incontrai per strada a Copenhagen, in un giorno piovoso. Era disperata, piangeva, le sembrava che non ci fosse niente per cui valesse la pena di vivere. Mi colpì molto, perché anch’io in quel periodo sentivo delle cose simili. Il testo è costruito come un bollettino meteorologico delle emozioni».

Semplicemente il disco perfetto. Un album che non dovrebbe mancare nella raccolta di ogni casa.

a cura di
Andrea Giovannetti

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